La teoria dei codici, sviluppata da Eco nel Trattato di semiotica generale, risente molto del lavoro di Hjemslev. Secondo Eco il codice è un dispositivo che collega diversi sistemi: per esempio un sistema sintattico a un sistema semantico. In altri termini, i codici sono sistemi di corrispondenze tra ordini dell'espressione e ordini del contenuto. Al contrario, un S-CODICE è un sistema che regola solo un ordine (per esempio quello dell'espressione, o quello del contenuto). Per questa via Eco arriva a definire con più precisione il concetto di segno, o meglio di funzione segnica. La funzione segnica è costituita da uno (o più) elementi di un piano dell'espressione convenzionalmente correlati a uno (o più) elementi di un piano del contenuto. La funzione segnica, come diceva Hjemslev, è una relazione esclusivamente formale e si distingue dalle occorrenze concrete della comunicazione. Ai codici della denotazione possono aggiungersi i codici della connotazione, che vivono parassitariamente sui primi. Lo sviluppo connotativo può essere assai complesso, tanto che il testo può diventare un reticolo di significazioni organizzate su diversi livelli. Nella comunicazione reale l'interazione di codici può dare luogo a fenomeni di decodifica aberrante. Tali fenomeni possono essere ricondotti, sostanzialmente, o a scarti rilevanti nel processo dei codici (ipotesi sociolinguistiche deficitaria o differenziale), o a quella che Eco ha definito "guerriglia semiologica", dove l'interpretazione aberrante è guidata da obiettivi ideologici. Messi in evidenza i limiti delle semantiche a dizionario (semantiche a tratti), Eco propone un modello semantico a enciclopedia, che anzichè prevedere solo una serie di tratti (primitivi) linguistici per la descrizione del significato, considera tutti i possibili interpretanti, e cioè l'insieme potenziale delle conoscenze del mondo. Intesa in questo modo, l'enciclopedia non può che essere un postulato semiotico, un'ipotesi regolativa: all'atto pratico si possono descrivere solo enciclopedie "locali", e anche quando si comunica si deve necessariamente circoscrivere una porzione di enciclopedia. Con la messa a punto del sistema enciclopedico Eco segna un distacco definitivo dal paradigma strutturale: se in quell'ambito il segno era caratterizzato dal modello dell'equivalenza (E=C), ora il segno è caratterizzato dal modello dell'inferenza (se p allora q). Il sistemaè, per l'appunto, a istruzioni: dato un termine x, se occorre nel contesto y, allora il significato sarà z. Con il modello enciclopedico si consolidano pertanto presupposti teorici importanti: (1) l'integrazione di conoscenze linguistiche e conoscenze del mondo; (2) la "fusione" della dimensione pragmatica, i significati dipendono infatti dall'uso contestuale (situazionale). Se da un lato l'enciclopedia serve a delineare una teoria semantica più plausibile, dall'altro diventa lo sfondo dell'attività interpretativa intesa in primo luogo come attività di cooperazione. Secondo Eco, infatti, ogni testo per essere interpretato deve essere in qualche modo completato, riempito, ricostruito, e questo presuppone inevitabilmente uno sforzo da parte del destinatario. Sullo sfondo c'è comunque la competenza ecniclopedica, che in ogni momento va contratta per la ridefinizione, come si diceva prima, delle porzioni all'interno delle quali fondare la comunicazione. L'attività cooperativa prevede dunque una cooperazione ma presuppone certamente una strategia. Per rendere conto di queste attività Eco delinea una serie di livelli che vanno dalla manifestazione lineare, alle circostanze di enunciazione, all'uso di codici, sottocodici, sceneggiature (frames), ecc. Recentemente, nel tentativo di tratteggiare i lineamenti di una semantica cognitiva, Eco è tornato sull'ipotesi secondo la quale il significato si può delineare solo grazie a continue contrattazioni: i significati si modificano, si riorganizzano e si articolano sulla base di negoziazioni che dipendono dagli individui, dalle circostanze, dalle civiltà, dalle culture.