La ricerca – Il corpus analizzato è stato estratto dalla mole di articoli in lingua inglese, meta-analisi e studi di ricognizione sperimentale sulla smoking cessation, editi nel corso del 2007 e del 2008: degli 885 articoli così individuati si sono presi in considerazione solo quelli che attenessero al processo in sè di cessazione da dipendenza , escludendo quindi quelli imperniati sugli effetti dello smettere di fumare.
Con tali criteri di inclusione si è isolato un macro-gruppo di 662 articoli, di cui la maggior parte (511) riguardano la cessazione “per interventismo”, ovvero perseguita all’interno di azioni sistematicamente mirate alla fuoriuscita dalla dipendenza, mentre i restanti 151 riferiscono di metodi non interventisti, ovvero volontaristici dei soggetti dipendenti. La maggioranza degli studi sulla cessazione per interventismo riguardano la cessazione assistita (467), ovvero la farmacoterapia (247) e la non-farmacoterapia (220, ovvero: percorsi di counseling psicologico , motivatori, programmi di prevenzione a scuola e sul posto di lavoro, comunità specifiche, agopuntura ecc. )
Interessi in conflitto – La ricerca, poi, è proseguita con la scelta casuale e l’analisi di 30 lavori sugli interventi di cessazione assistita, 30 sulla cessazione non assistita e 30 in cui si esprime la priorità dello smettere di fumare e si procede ad una comparazione tra i due tipi di metodo (cessazione assistita Vs cessazione non assistita). Con ciò si è voluto verificare la correlazione tra gli esisti degli studi e il loro “status”, derivante dal fatto se essi (o i loro autori) abbiano o non abbiano ricevuto supporti (finanziari, tecnologici ecc.) da aziende farmaceutiche produttrici di farmacoterapie per smettere di fumare (compresi i surrogati della sigaretta quali cerotti e gomme di nicotina ecc.).
Per i papers in cui non veniva specificata la presenza o meno di una qualche forma di finanziamento da parte di aziende aventi interesse a tali studi perché operanti nel settore, i ricercatori della SoPH hanno contattato i relativi autori per entrare a conoscenza di tali informazioni. Degli 84 papers presi casualmente in considerazione, quasi la metà (48%) si incentrano su interventi farmaco terapeutici, il 10,3% trattano di metodi non farmaco-terapeutici, mentre nessuno studio sulla cessazione non assistita ha ricevuto un qualsiasi tipo di sostegno da parte di aziende del settore Health.
Il paradosso – Mentre i dati riguardanti i censimenti degli ex-fumatori , ricavati da studi sulla popolazione, rivelano che dai 2/3 ai ¾ di essi hanno smesso di fumare senza alcuna terapia farmacologia e/o psicologica ma per volontà e convincimento, nel 91,3 % delle ricerche in argomento, gli studiosi focalizzano gli sforzi sul perfezionamento di metodi di cessazione assistita, in prevalenza farmaco-terapeutica, in molti casi finanziati da aziende interessate. Ci si chiede perciò se la ricerca “brandizzata” ha ancora come oggetto l’interesse pubblico. A tal proposito i ricercatori della SoPH parlano di una “legge inversa” tra ricerca e andamenti reali, e denunciano una impertinenza peraltro di vecchia data.
Alle radici di questa discrepanza c’è la dominanza del paradigma interventista (una sorta di retaggio neopositivista per cui la soluzione ai problemi umani è sempre e solo un elaborato della scienza, indisponibile altrimenti), sostenuto nettamente dall’industria farmaceutica, che ha tutto l’interesse a sovradimensionare le difficoltà dell’uscita dalla dipendenza da tabacco e a promuovere robusti sostegni alla semplice volontà umana. La cessazione della dipendenza è così un caso eclatante di medicalizzazione mercificata e la scienza in tal caso rischia di non coincidere con la concreta ricerca di alternative migliori e migliorabili per la risoluzione di un problema di grandissima portata.
Il messaggio che passa è ormai nettamente pro-terapie : al pubblico è spesso consigliato che smettere in modo assistito raddoppia i tassi di cessazione riuscita. Ma: mentre la letteratura sui trial clinici mostra che i più altri tassi di cessazione sono collegati a metodi di cessazione assistita piuttosto che non-assistita, di contro una lunga serie di studi sulla popolazione, riportati tra le references dell’articolo, mostra il contrario.
La convinzione comune di scienziati e autorità pubbliche secondo cui la dipendenza da nicotina va affrontata in modo assistito e che ogni diverso avviso equivalga a promuovere approcci futili al problema rischia seriamente di deviare l’attenzione e la consapevolezza degli stessi decisori e dei cittadini-consumatori da ciò che si rivela essere di gran lunga la storia più comune sullo smettere di fumare: la gente lo fa senza necessariamente ricorrere ad un aiuto professionale, terapeutico o farmacologico. Sta alle stesse Autorità, dunque, ora che ci sono i dati, riequilibrare i messaggi, ampliando le possibilità di scelta informata e consapevole su come ciascuno possa tutelare la propria Vita.
Raffaele La Gala