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La realtà come costruzione sociale

Redazione Controcampus 6 Giugno 2012
R. C.
19/04/2024

La realtà come costruzione sociale   Presentazione Opere di Bergher e Luckmann Sono  “Invito alla sociologia” (1963) e “Sociologia reinterpretata” (1983), entrambe con alle spalle l’insegnamento del comune maestro Alfred Schutz.

L’opera in questione, scritta nel 1966, ha rappresentato, a trent’anni dalla pubblicazione, un contributo essenziale alla teoria sociologica. La teoria generale dell’opera è sintetizzata nel titolo: la realtà è una costruzione sociale, tesi questa che contrasta con il senso comune dell’uomo della strada.

Oggetto di studio della sociologia della conoscenza è la variabilità empirica dei contenuti conoscitivi, ovvero perché una certa idea piuttosto che un’altra si siano affermate in una società piuttosto che in un’altra. La domanda che si pongono gli autori è però più radicale: quali sono i meccanismi attraverso i quali qualsiasi complesso di conoscenze viene ad essere stabilito come realtà e successivamente, i meccanismi di conservazione di tali prospettive.

L’evidenza della vita quotidiana, “la fattualità autoevidente ed indiscutibile”, la capacità di sospendere il dubbio che tale realtà sia qualcosa di diverso da ciò che appare è indispensabile per il funzionamento stesso di ogni società. Questo fino a che non si presenta un problema nuovo che ci costringa a fermarci a riflettere.

A questo punto è necessario, per il soggetto, reintegrare il settore problematico in ciò che problematico non è, tradurre l’ignoto nel noto.

Questi casi, che si presentano quotidianamente, mostrano come accanto a routines ed automatismi sia all’opera un’attività incessante di interpretazione del proprio mondo da parte dei membri della società, impegnati costantemente a creare e ricreare il loro mondo, come trama di significati condivisi interrogativamente.

Per spiegare questi meccanismi B. & L. si rifanno aconcetti heghelo-marxisti per i primi due momenti, che sono chiamati esteriorizzazione ed oggettivazione. Il terzo  momento, quello dell’interiorizzazione, è discende direttamente dalla psicologia sociale di Mead, in particolare dalla sua teoria di formazione del sè.

Altra caratteristica dell’opera è il tentativo di mettere in relazione il pensiero di Durkheim e quello di Weber. Il primo considera i  fatti sociali come cose, il secondo pone al centro della sua  analisi l’azione dotata di senso.

Altro aspetto è quello ereditato dall’ antropologia filosofica di Gehlen. L’idea di fondo è che l’uomo è un animale non definito, essere manchevole, dotato di un bagaglio istintuale sottosviluppato rispetto agli altri mammiferi superiori che da una parte lo rende particolarmente vulnerabile dall’altra lo dota di una peculiare “apertura al mondo”.  La costruzione di un ordine culturale e simbolico deriva dalla necessità di compensare le proprie mancanze biologiche.

CREAZIONE e MANTENIMENTO

I meccanismi che presiedono alla creazione dell’ordine culturale sono essenzialmente sociali e tale ordine culturale è il frutto della cristallizzazione delle consuetudini.

Ovunque ci sia un’azione reciproca tipizzata (Schutz) siamo in presenza di una istituzione.

La durata e la forza integratrice delle istituzioni è data dalla loro legittimazione, tra cui rivestono particolare importanza gli universi simbolici. L’universo simbolico trascende la realtà della vita quotidiana ed integra in una tonalità significativa diverse realtà e segmenti istituzionali. La religione è un caso paradigmatico di universo simbolico.

Identità: essa è un carattere riflesso delle relazioni sociali; in questo senso gli AA sono eredi di Mead piuttosto che di Freud.

L’individuo, nel momento stesso in cui assume i ruoli e gli atteggiamenti degli altri, si appropria anche del loro mondo.. Diversamente dal pensiero di Parsons, che attribuiva alla personalità un carattere stabile, essa, nel pensiero di B. e L. ha carattere di alta precarietà, sottoposta continuamente alla minaccia di situazioni marginali che caratterizzano soprattutto la socializzazione secondaria ma che, nelle società occidentali, si estende sempre più anche a quella primaria.

 

 

 

 

Prefazione

Questo volume vuole essere una presentazione sistematica di una particolare prospettiva d’indagine nell’ambito della sociologia della conoscenza.

 

Introduzione

Il problema della sociologia della conoscenza

La tesi sostenuta in questo libro è che la realta viene costruita socialmente; compito della sociologia della conoscenza è stabilire come questo avvenga.

Per “realtà” intendiamo quei fenomeni indipendenti dalla nostra volontà, mentre per “conoscenza” si intende la certezza che tali fenomeni sono reali e possiedono caratteristiche precise.

Per sociologia della conoscenza si deve intendere una disciplina che si occupi dei modi generali in cui le “realtà” vengono date per “conosciute” nelle società umane, o altrimenti dei processi attraverso i quali qualsiasi  complesso di “conoscenze” viene ad essere socialmente stabilito come realtà.

Il termine “sociologia della conoscenza” venne conia to Scheler. Gli immediati antecedenti intellettuali della sociologia della conoscenza sono tre filoni del pensiero tedesco del diciannovesimo secolo: il marxista, il nietzschiano e lo storicista.

Da Marx  la  sociologia della conoscenza deriva il principio che la coscienza dell’uomo è determinata dalla sua esistenza sociale. Altro principio è quello di sottostruttura- sovrastruttura interpretate come fatto meccanicistico e non dialettico dal marxismo ortodosso posteriore a Marx.

La migliore interpretazione di sovrastruttura e sottosruttura è di vederle rispettivamente l’una come l’attività umana, l’altra come il prodotto di questa attività.

Nietzsche ??

Lo storicismo, soprattutto di Dilthey, era caratterizzato da un grande senso della relatività, ovvero l’inevitabile storicità del pensiero umano. Questo si tradusse. per la sociologia, in una grande attenzione per la storia.

Obiettivo del pensiero di Scheler era la creazione di una antropologia filosofica che trascendesse la relatività degli specifici punti di vista socialmente e storicamente situati. La relatività della posizione storicista viene superata attraverso l’affermazione che i fattori ideali e quelli reali (pensiero questo che riamnda all’idea di sopra e sotto struttura) erano in un rapporto ininfluente per l’evoluzione storica: più esattamente i fattori reali regolano le condizioni attraverso le quali determinate idee possono venire alla luce. In altre parole, la società determina la presenza ma non la natura delle idee.

Mannaheim: ??? ideologia particolare,totale e generale.

Ideologia, per Mannheim, è il lucido riconoscimento del fatto che nessun pensiero è immune dalle influenze ideologizzanti del proprio contesto sociale. Egli coniò il termine relazionismo (per distinguerlo dal relativismo): le influenze ideologizzanti, se non possono essere estirpate completamente, possono esseremitigate dall’analisi del maggior numero posssibile di punti di vista. Figura dell’intellettuale.

Merton e le funzioni “letenti” e “manifeste”.

Geiger e il contributo neopositivista al superamento della relatività attraversouna scrupolosa fedeltà ai canoni della metodologia scientifica.

La sociologia della conoscenza si deve occupare di tutto ciò che passa per conoscenza nella società. Quindi l’interesse per la storia intellettuale  non può essere l’interesse centrale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo I

I fondamenti della conoscenza nella vita quotidiana.

1. La realtà della vita quotidiana.

Il metodo, a parere degli autori, più idoneo a chiarire i fondamenti della conoscenza nella vita quotidiana è quello dell’analisi fenomenologica, un metodo puramente descrittivo, empirico ma non scientifico.

La coscienza è sempre intenzionale.

Oggetti differenti si presentano  alla coscienza come costitutivi di differenti sfere di realtà o, in altre parole, io ho coscienza del mondo come costituito da realtà molteplici. Quando mi muovo da una realtà ad un’altra, questo costituisce per me uno choc. Fra le molteplici realtà quella della vita quotidiana appare la realtà dominante. Essa, anche, è una realtà ordinata. E’ il linguaggio a segnare le coordinate della mia vita nella società.

La realtà della vita quotidiana mi si presenta come un mondo intersoggettivo, che io condivido con gli altri. Questo signiica che vi è una continua corrispondenza fra i miei ed i loro significati in questo mondo. La realtà della vita quotidiana è data per scontata per essere la  realtà . Ma, anche nella vita di tutti i giorni, si sommano momenti non problematici a momenti che esulano dalla normale routine.

Il settore non problematico della realtà quotidiana è tale solo fino a nuovo avviso, cioè fino alla comparsa di un nuovo problema. Quando questo avviene, la realtà della vita quotidiana cerca di integrare il settore problematico in ciò che è già non problematico.

Paragonate alla realtà della vita quotidiana, altre realtà appaiono come sfere di significato circoscritte, situate inevitabilmente all’interno della realtà dominante, verso lequali la coscienza può muoversi come in una escursione, ma con la certezza di fare sempre ritorno a casa. Un esempio possono essere l’esperienza estetica e quella religiosa.

Il linguaggio comune di cui dispongo per oggettivare le mie esperienze è fondato sulla vita quotidiana ed a essa rinvia anche quando lo uso per descrivere esperienze che da questa esulano.

OGGETTIVAZIONE: l’espressività umana è in grado di oggettivarsi; essa si manifesta cioè in attività che sono accessibili sia ai loro produttori che agli altri in quanto elementi di un mondo comune. Un caso importante di oggettivazione è  la SIGNIFICAZIONE, cioè l’umana capacità di produrre simboli.

E’ l’esempio del mistico o del fisico teorico. Il mondo della vita quotidiana è strutturato sia spazialmente che temporalmente.

La temporalità è una proprietà intrinseca della coscienza, il cui flusso è sempre ordinato spazialmente.

Il mondo comune ha il suo proprio tempo standard, intersezione tra, da una parte,  il tempo cosmico e quello stabilito socialmente nel calendario, e dall’altra dal tempo interiore, come dimostra l’esperienza dell’attesa.

 

2. L’interazione sociale nella vita quotidiana.

La realtà della vita quotidiana è condivisa con altri. La più importante esperienza degli altri ha luogo nelle situazioni faccia a faccia, che costituisce il prototipo dell’interazione sociale.Nell’incontro diretto l’altro è pienamente reale.

 

Capitolo secondo

La società come realtà oggettiva.

 

L’organizzazione istintuale dell’uomo può dirsi molto sottosviluppata in rapporto a quella di altri mammiferi superiori.

I presupposti genetici Dell’ io sono dati alla nascita, ma l’identità soggettivamente e oggettivamente riconosciuta sono un prodotto sociale.

Ci si può chiedere come sorga l’ordine sociale.

Sebbene nessun ordine sociale esistente possa essere fatto derivare da dati biologici, la necessità di un ordine sociale discende dalla natura biologica degli esseri umani.

 

 

B. Origini dell’istituzionalizzazione

Tutta l’attività umana è soggetta alla consuetudine. Questi processi di consuetudinarietà precedono ogni istituzionalizzazione.

L’istituzionalizzazione ha luogo ovunque vi sia una tipizzazione reciproca di azioni consuetudinarie, o meglio, tale tipizzazione è un’istituzione.

Le tipizzazioni delle azioni istituzionalizzate  che costituiscono le istituzioni sono sempre condivise.

Le istituzioni devono sottostare a due condizioni: debbono avere un loro sviluppo storico e debbono fornire una linea di condotta.

Le istituzioni sono sempre una storia, della quale sono il prodotto.

L’istituzionalizzazione è incipiente in ogni situazione sociale durevole. Anche se A e B, provenienti da mondi diversi, si incontrano in un’isola deserta, daranno inizio ad un processo di istituzionalizzazione.

Infatti, mentre A e B interagiscono, in qualsiasi modo, ben presto verranno prodotte alcune tipizzazioni.

Questo avverrà anche se ognuno continua ad eseguire azioni diverse da quelle dell’altro.

Ci si può domandare di quali siano i vantaggi derivanti dalla istituzionalizzazione.

Ciascuno sarà capace di prevedere le azioni dell’altro.

Questo libera ambedue gli individui da un notevole carico di tensione.

La loro vita insieme è ora definita da una crescente sfera di routines che vengono considerate ovvie.

Quali azioni sono suscettibili di essere reciprocamente tipizzate?

Quelle azioni che sono pertinenti sia di A che di B all’ interno della loro situazione comune.

ciò che in ogni caso dovrà essere abitualizzato è il processo di comunicazione tra A e B.

 

Immaginiamo che A e B abbiano dei bambini.

Il mondo istituzionale, che esisteva in  statu nascendi è ora trasmesso ad altri.

Le abitualizzazioni diventano ora istituzioni storiche. Con l’acquisizione del carattere di storicità, queste formazioni acquistano carattere di oggettività.

Ciò significa che ora sono state cristallizzate si presentano all’esperienza come esistenti al di sopra ed al di là degli individui stessi.

In altre parole, le istituzioni si presentano ora all’esperienza come dotate di una realtà loro propria.

Fintanto che le istituzioni nascenti sono costruite e mantenute solo nell’interazione tra A e B , la loro oggettività resta fragile.

Tutto questo cambia nel processo di trasmissione alla nuova generazione. L’oggettività del mondo istituzionale diventa opaca e più rigida, non solo per i bambini, ma per gli stessi genitori.

Un mondo istituzionale appare dunque all’esperienza come una realtà oggettiva. Esso ha una storia che precede la nascita dell’individuo e non è accessibile alla sua memoria biografica.

Non bisogna dimenticare, però, che la relazione fra l’uomo, produttore, ed il mondo sociale, suo prodotto, è una relazione dialettica. Sono tre i momenti di questa< dialettica:

esteriorizzazione La società è un prodotto umano

oggettivazione  La società è una realtà oggettiva

interiorizzazione L’uomo è un prodotto sociale.

 

Il mondo istituzionale richiede una legittimazione, cioè degli strumenti attraverso cui possa essere spiegato e giustificato.

Lo sviluppo di meccanismi specifici di controllo sociale diventa anch’esso necessario con la storicizzazione e l’oggettivazione delle istituzioni.

Le istituzioni devono rivendicare un’autorità sull’individuo.

I bambini debbono imparare a comportarsi bene e a rigare dritto.

Non c’è alcuna ragione a priori per ritenere che questi processi si assoceranno in modo funzionale.

Ciò nonostante resta il fatto empirico che le istituzioni tendano ad associarsi. Ma questo avviene solo per i significati attribuiti a tali istituzioni.

L’integrazione di un ordine istituzionale può essere compresa solo nei termini della conoscenza che i suoi membri ne hanno.

 

C. Sedimentazione e tradizione

Le esperienze che vengono maltenute nella coscienza alla lunga sedimentano.

La sedimentazione si dice intersoggettiva quando numerosi individui condividono la stessa biografia.

La sedimentazione intersoggettiva può essere definita veramente tale solo quando è stata oggettivata in un sistema di simboli.

Normalmente, il sistema dei simboli usato è il linguaggio. Esso diviene il deposito della tradizione comune.

La trasmissione del significato di una istituzione è fondata sul riconoscimento sociale di quella istituzione come soluzione permanente ad un problema permanente. Questo rende necessario un processo educativo.

Ogni trasmissione necessita di un apparato sociale.: alcuni gruppi vengono designati come trasmettitori.

 

 D. I ruoli

La tipizzazione delle forme di azione richiede che queste abbiano una oggettivazione linguistica. Quando queste oggettivazioni si accumulano (“sculacciatore di nipoti”, ”guerriero iniziato”,ecc.) un intero settore di autocoscienza è strutturato nei loro termini. In altri termini, un intero segmento dell’io si realizza nei termini delle tipizzazioni socialmente disponibili. Questo segmento è l’autentico io sociale che si presenta all’esperienza soggettiva come distinto e separato dall’intera personalità.

Possiamo propriamente cominciare a parlare di ruoli quando questo genere di tipizzazioni si verifica a livello di una cultura di gruppo.

 

I ruoli appaiono non appena comincia a formarsi un comune bagaglio di conoscenze che contengono tipizzazioni reciproche della condotta.

Ogni condotta istituzionalizzata implica dei ruoli. Così i ruoli partecipano del caraterete di controllo dell’istituzionalizzazione.

I ruoli  rappresentano  l’ordine istituzionale, contribuiscono a mantenere quela integrazione, ovvero sono in speciale rapporto con l’apparato di legittimazione della società. Esempio è il monarca.

In virtù dei ruoli che ricopre, l’individuo viene introdotto in aree specifiche di conoscenza.

 

Data l’accumulazione storica di conoscenza in una società, possiamo supporre che a causa della divisione del lavoro la conoscenza legata ai ruoli crescerà in modo più rapido  che la conoscenza di interesse e di accessibilità generale, che tende a ridursi solo al sapere quale è il compito degli esperti (non sa l’uomo della strada delle pratiche magiche, gli basta di sapere da quale stregone andare in caso di bisogna).

L’analisi dei ruoli è particolarmente importante nella sociologia perchè rivela le mediazione tra i macroscopici universi di significato oggettivizzati in una società ed i modi in cui questi universi sono oggettivamente reali agli individui.

 

E. Portata e modi dell’istituzionalizzazione

Ci si può domandare a questo punto quale sia la portata dell’istituzionalizzazione nella totalità delle azioni sociali in una data collettività, o in altre parole, quanto è estso il settore delle attività istiruzionalizzate.

E’ chiaro che ci sono variazioni tra società w società riguardo a questo.

La domanda diventa quali siano i meccanismi che  detrminano una maggiore o minore portata dell’istituzionalizzazione? La portata dell’istituzionalizzazione dipende dal grado di diffusione delle  strutture di pertinenza. Se gran parte di queste sono condivise da tutti, la portata dell’istituzionalizzazione. In una società  in cui l’istituzionalizzazione fosse totale, tutti i problemi e tutte le soluzioni sarebbero comuni.

Le cosiddette società primitive si avvicinano a questo modello. L’estremo opposto porterebbe ad una società priva di una cultura comun, con la conoscenza interamente legata ai ruoli.

Ogni società in cui c’è una crescente divisione del lavoro  tende verso questo modello. Altra condizione è la presenza di un surplus economico, capace di liberare alcuni individui dalla necessità del sostentamento e portandolo a potersi dedicare ad attività specializzate.

Sorge allora il problema dell’integrazione  globale dei significati entro la società.

In realtà, processi istituzionali distinti possono continuare a coesistere  senza una integrazione totale. Questo creerà il problema di legittimare le attività istituzionali di un tipo di attore di fronte agli altri tipi, pena il conflitto di interessi.

Ogni punto di vista  sarà in relazione con i concreti interessi sociali del gruppo che lo possiede. Questo non significa che i diversi punti di vista saranno necessariamente legati  agli interessi sociali. Specialmente in campo teorico si può raggiungere un livello di astrazione ed autonomia dai gruppi sociali.

Il rapporto tra la conoscienza e la sua base sociale è un rapporto dialettico, vale a dire che la conoscenza è si un prodotto sociale, ma è in grado a sua volta strumento di cambiamenti sociali.

La  reificazione  è la tercezione di un prodotto umano come altro altro dall’essere un prodotto umano. Un mondo reificato è un mondo disumanizzato.

La reificazione è il grado estremo del processo di reificazione.

 

2. La legttimazione.

Funzione della legittimazione è l’integrazione fra diversi universi di significato.

La legittimazione non solo dice all’individuo  perchè egli debba comportarsi in un certo modo; ma gli fornisce anche una spiegazione  di come stanno le cose.

 

 

 

III

La società come realtà soggettiva

1. L’interiorizzazione della realtà.

A. La socializzazione primaria.

La società va compresa nei tre momenti di un incessante processo dialettico: esteriorizzazione, oggettivazione, interiorizza-zione.

Stesso discorso va fatto per il membro individuale della società, che simultaneamente esteriorizza il proprio essere nel mondo sociale e lo interiorizza come una realtà oggettiva.

Il punto di partenza di questo processo è l’interiorizzazione;

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Questa percezione non è il risultato di autonome ceazioni di significatoda parte diindividui isolati, ma ha inizio quando l’individuo subentra nel mondo in cui gli altri già vivono.

Fermo restando che tale processo non è solo passivo, ma l’individuo crea e ricrea continuamnte il proprio mondo.

In generale, nel momento dell’interiorizazione io capisco non solo l’altro, ma il mondo in cui vive, e quel mondo diventa mio.

L’individuo è un membro della società solo quando ha completato questo grado di interiorizzazione. Quindi per socializzazione si intende l’insediamento, completo e coerente di un individuo in un mondo oggettivo.

La socializzazione primaria è la prima socializzazione che l’individuo intraprende nell’infanzia. E’ la più importante per l’individuo e la struttura della socializzazione secondaria deve assomigliare a quella della socializzazione primaria. Essa consiste in un di più di un semplice apprendimento, poichè avviene in circostanze cariche di componenti emotive. Il bambino, infatti, si identifica con le persone che inluiscono su di lui (persone importanti). L’interiorizzazione avviene attraverso l’identificazione.

In altre parole ancora, l’io è un’entità riflessa.

Questo non è un processo unilaterale, ma comporta una dislettica fral’identità oggettivamente assegnata e quella soggettivamente fatta propria.

Se tutti sono contrari a che io faccia una determinata cosa  alla fine mi convincerò che quella determinata cosa  non si fa, laddove il si è riferito ad una generalità della quale ci si sente parte. Questa atrazione dai ruoli e dagli atteggiamenti delle concrete persone a me vicine viene chiamata l’”altro generalizzato”.

La formazione dell’altro generalizzato implica l’interiorizzazione della società in quanto tale.

Quando l’altro generalizzato è ormai cristallizzato nella coscienza, si instaura un rapporto simmetricotra realtà soggettiva e realtà oggettiva. Ciò che è vero fuori è vero dentro.

Il linguaggio, ovviamente, è il principale veicolo di questo continuo processo di traduzione in entrambi i sensi.

La simmetria tra le due realtà, però, non è mai completa. In generale lì’individuo percepisce se stesso come dentro e fuori la società.

Nella socializzazione primaria non c’è un problema di identificazione. L’individuo non ha la possibilità di scegliere le persone per lui importanti, la sua identificazione con loro è quasi automatica.

La cosa più importante da interiorizzare è il linguaggio.

La socializzazione primaria termina quando il concetto dell’altro generalizzato è ormai instaurato nella coscienza dell’individuo. A questo punto è lecito domandarsi come questa oggettivazione venga mantenuta o modoficata nel tempo.

 

Socializzazione secondaria è ogni processo successivo che introduce un individuo già socializzato in nuovi settori di un mondo oggettivo della sua società.

Potremmo immaginare una società in cui non avvenga una socializzazione secondaria; sarebbe una società con un bagaglio di conoscenze molto limitato. In qualunque società che postuli una qualche divisione del alvoro e quindi del sapere la socializzazione secondaria diventa necessaria.

La socializzazione secondaria è l’interiorizzazione di sottomondi istituzionali o fondati su istituzioni.

In altre parole, la socializzazione secondaria è l’acquisizione di una conoscenza legata ad un ruolo. I sottomondi interiorizzati nella socializzazione secondaria sono in genera realtà parziali in contrasto con mondo-base acquisito con la socializzazione primaria.

Come già detto, la socializzazione secondaria presuppone sempre un processo precedente di socializzazione primaria o, in altre parole, deve sempre trattare con um io già formato.

Questo costituisce un problema perchè la realtà già interiorizzata tende a persistere.  Ogni nuovo contenuto da interiorizzare deve in qualche modo essere sovrapposto a questa realtà già presente.

Ciò che si impara nel periodo della socializzazione secondariaha un grado minore di oggettività.

Questo fa si che sia possibile staccare una parte dell’io e della sua realtà concomitante e considerarla pertinente solo alla situazione legata al ruolo. Quindi diventa necessario per la scietà studiare delle tecniche pedagogiche capaci di renderla convincente all’individuo. Ricordiamoci che tale individuo, come già detto, ha già una sua realtà interiorizzata che ostacola continuamente le nuove interiorizzazioni. La forza di queste tecniche consisterà nel rendere plausibile la continuità tra gli elementi originari della coscienza e quelli nuovi.

Le tecniche applicate in questi casi sono designate per intensificare la carica affettiva del processo di socializzazione.

Nelle istituzioni complesse ci sono sistemi di socializzazione estremamentedifferenziati.

 

C. Conservazione e trasformazione della realtà soggettiva.

Ogni società vitale deve sviluppare procedimenti che preservino la realtà.

La realtà delle interiorizzazioni secondarie è meno minacciata dalle situazioni di marginalità, perchè di solito non ha rapporto con esse.

La morte da uomo è una cosa; la morte da impiegato del ministero delle Finanze è un’altra.

E’ opportuno distinguere tra due tipi generali di preservazione della realtà, quella comune e quella d’emergenza.

La realtà della vita quotidiana viene continuamente rafforzata dall’interazione di un individuo con gli altri.

In altre parole così come la realtà viene originariamente interiorizzata mediante un processo sociale, essa viene anche conservata attraverso processi sociali. Le persone importanti nella vita dell’individuo sono i principali agenti per la preservazione della sua realtà soggettiva.

Il veicolo più importante di preservazione della realtà è la conversazione, verbale e non.

La conversazione per lo più non si preoccupa di analizzare il mondo, ma di confermarlo.

L’apparato della conversazione, nel momento in cui preserva la realtà, allo stesso tempo la modifica continuamente.

 

Nelle situazioni di crisi il procedimento è lo stesso che per la conservazione delle routines.

La società stessa crea specifici procedimenti attraverso i quali ribadisce la realtà in situazioni di crisi. La situazione di crisi per eccellenza è la morte.

 

 

 

TRASFORMAZIONE

La realtà soggettiva, come già detto, è  suscettibile di essere trasformata. Ciò può avvenire a diversi gradi: quello estremo è il caso in cui un individuo “cambia mondo”. Questo non comporta la sua totale trasformazione, il nome è RISTRUTTURAZIONE.

Essa ha bisogno di :

una base sociale che serva da laboratorio, composta da persone importanti colle quali l’individuo dovrà stabilire  un’identificazione fortemente affettiva molto simile a quellla vissuta nella socializzazione primaria.

Il prototipo storico di ristrutturazione è la conversione. Fare l’esperienza di una conversine non è difficile; difficile è continuare a crederci. A questo punto entra n gioco la comunità religiosa. S. Paolo convertito prima  di incontrare la comunità cattolica, ma rimasto tale solo all’interno di questa.

Esistono vari tipi intermedi tra la risocializzazione appena discussa e una   socializzazione secondaria qualunque.

A diffreneza della socializzazione, nella risocializzazione il presente viene interpretato per adattarlo al passato; nella risocializzazione il passato viene completamente reinterpretato per adattarlo al presente.

 

2 Interiorizzazione e struttura sociale.

Con “socializzazione riuscita” si intende un alto grado di simmetria fra realta oggettiva e soggettiva .

E’ probabile chela socializzaione ottenga il massimo successo nnelle sovietà nelle quali vi sia un basso gardo di divisione del lavoro, e quindi di distribuzione del sapere (anche perchè quest’ultimo sarebbe minimo).

L’individuo la cui socializzazione non è riuscita viene egli stesso predefinito socialmente come un tipo preciso: il bastardo, il pazzo, il lebbroso.

Di conseguenza, qualsiasi  autoidentificazione contraria macherà di qualunque plausibilità. Questo fino al momento in cui quetsi non-integrati non avranno la capacità di organizzarsi in strutture stabili, capaci di crreare una controrealtà (sono lebbroso ma non sono malato, sono il prediletto del Signore).

La possibilità dell’”individualismo” è direttamente legata alla possibilità di una socializzazione non riuscita.

L’”individualista” ha il potenziale necessario per cambiare tra un certo numero di mondi disponibili e si èdeliberatamente costruito un io col materiale fornito da un certo numero di identità disponibili.

 

Teorie sull’identità.

L’identità è formata da processi sociali; una volta cristallizzata, viene mantenuta, modificata o anche rimodellata dalle relazioni sociali. I processi sociali implicati sia nella formazione che nella preservazione dell’identità sono determinati dalla struttura sociale.

D’altra parte le identità stesse lavorano sulla struttura sociale, conservandola, modificandola o rimodellandola.

Le specifiche strutture sociali producono  tipi di identità, riconoscibili nei casi individuali.

I tipi di identità possono essere notati nella vita quotidiana; essi sono osservabili e verificabili nell’esperienza preteorica.

L’identità è un fenomeno che nasce dallla daletica fra individuo e società.

L’identità rimane inintellegibile se non la si situa nel mondo. La stessa psicologia presuppone sempre una cosmologia. Diversa sarebbe infatti l’interpretazione del comportamento di uno yuppie nevrotico e quella di un posseduto del’isola di Haiti. O in altre parole, i problemi di stato psicologico non possono essere risolti senza riconoscere le definizioni della realtà che vengono date per scontate nella situazione sociale dell’individo.

Le teorie psicologiche servono a legittimare il procedimento di conservazione  e di ricostruzione dell’identità instaurato nella società, fornendo l’anello di congiunzione tra identità e mondo.

Per esempio, è poco probabile che  una teoria psicologica che postula il possesso demoniaco  sia adatta ad interpretare i problemi  di idntità degli intellettuali ebrei di New York. D’altra parte è poco probabile che la psicanalisi riesca ad interpretare  i problemi di identità degli abitanti della campagna di Haiti.Nè gli dei vudù nè l’energia libidica possono esistere al di fuori del mondo definito dai rispettivi contesti sociali.

Il presupposto, per cui uno psicologo di Haiti possa comprendere la nevrosi di uno di New York (e viceversa) è che sia disposto a servirsi del meccanismo concettuale della psicologia indigena.

Le teorie psicologiche non si limitano a rispecchiare la realtà, ma la generano. Il contadino haitiano che interiorizza la psicologia vudùdiventerà posseduto non appena scoprirà certi segni ben definiti. Analogamente, l’intellettuale nuovayorkese che interiorizza la psicologia freudiana diventerà nevrotico non appena diagnosticherà certi sintomi ben noti. Anzi è possibile che, dato un certo contesto biografico, i segni o i sintomi vengano prodotti dall’individuo stesso.

 

4 Organismo ed identità.

L’organismo influisce su ogni fase umana di costruzione dell realtà e ne è a sua volta influenzato.

E’ possibile parlare di una dialettica tra natura e società, consistente in una reciproca restrizione.

La società penetra direttamente nell’organismo anche per quel che riguarda due fenomeni strettamente biologici come l’alimentazione e la sessualità. Si può dire che la realtà sociale determina in grado notevole anche il funzionamenrto dell’organismo.

Il substrato biologico continuerà per tutta la vita  a resistere alle imposizioni sociali.

L’uomo è biologicamente predestinato a costruire un mondo e ad abitarvi in comune con gli altri. Questo mondo diventa per lui la realtà dominante e definitiva. I suoi limiti sono posti dalla natura, ma, una volta costruito, esso influisce a sua volta sulla natura. Nella dialettica tra la natura ed il mondo socialmente costruito lo stesso organismo umano viene trasformato ed in questo modo l’uomo produce la realtà e se stesso.

 

© Riproduzione Riservata
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Redazione Controcampus Controcampus è Il magazine più letto dai giovani su: Scuola, Università, Ricerca, Formazione, Lavoro. Controcampus nasce nell’ottobre 2001 con la missione di affiancare con la notizia e l’informazione, il mondo dell’istruzione e dell’università. Il suo cuore pulsante sono i giovani, menti libere e non compromesse da nessun interesse di parte. Il progetto è ambizioso e Controcampus cresce e si evolve arricchendo il proprio staff con nuovi giovani vogliosi di essere protagonisti in un’avventura editoriale. Aumentano e si perfezionano le competenze e le professionalità di ognuno. Questo porta Controcampus, ad essere una delle voci più autorevoli nel mondo accademico. Il suo successo si riconosce da subito, principalmente in due fattori; i suoi ideatori, giovani e brillanti menti, capaci di percepire i bisogni dell’utenza, il riuscire ad essere dentro le notizie, di cogliere i fatti in diretta e con obiettività, di trasmetterli in tempo reale in modo sempre più semplice e capillare, grazie anche ai numerosi collaboratori in tutta Italia che si avvicinano al progetto. Nascono nuove redazioni all’interno dei diversi atenei italiani, dei soggetti sensibili al bisogno dell’utente finale, di chi vive l’università, un’esplosione di dinamismo e professionalità capace di diventare spunto di discussioni nell’università non solo tra gli studenti, ma anche tra dottorandi, docenti e personale amministrativo. Controcampus ha voglia di emergere. Abbattere le barriere che il cartaceo può creare. Si aprono cosi le frontiere per un nuovo e più ambizioso progetto, per nuovi investimenti che possano demolire le barriere che un giornale cartaceo può avere. Nasce Controcampus.it, primo portale di informazione universitaria e il trend degli accessi è in costante crescita, sia in assoluto che rispetto alla concorrenza (fonti Google Analytics). I numeri sono importanti e Controcampus si conquista spazi importanti su importanti organi d’informazione: dal Corriere ad altri mass media nazionale e locali, dalla Crui alla quasi totalità degli uffici stampa universitari, con i quali si crea un ottimo rapporto di partnership. Certo le difficoltà sono state sempre in agguato ma hanno generato all’interno della redazione la consapevolezza che esse non sono altro che delle opportunità da cogliere al volo per radicare il progetto Controcampus nel mondo dell’istruzione globale, non più solo università. Controcampus ha un proprio obiettivo: confermarsi come la principale fonte di informazione universitaria, diventando giorno dopo giorno, notizia dopo notizia un punto di riferimento per i giovani universitari, per i dottorandi, per i ricercatori, per i docenti che costituiscono il target di riferimento del portale. Controcampus diventa sempre più grande restando come sempre gratuito, l’università gratis. L’università a portata di click è cosi che ci piace chiamarla. Un nuovo portale, un nuovo spazio per chiunque e a prescindere dalla propria apparenza e provenienza. Sempre più verso una gestione imprenditoriale e professionale del progetto editoriale, alla ricerca di un business libero ed indipendente che possa diventare un’opportunità di lavoro per quei giovani che oggi contribuiscono e partecipano all’attività del primo portale di informazione universitaria. Sempre più verso il soddisfacimento dei bisogni dei nostri lettori che contribuiscono con i loro feedback a rendere Controcampus un progetto sempre più attento alle esigenze di chi ogni giorno e per vari motivi vive il mondo universitario. La Storia Controcampus è un periodico d’informazione universitaria, tra i primi per diffusione. Ha la sua sede principale a Salerno e molte altri sedi presso i principali atenei italiani. Una rivista con la denominazione Controcampus, fondata dal ventitreenne Mario Di Stasi nel 2001, fu pubblicata per la prima volta nel Ottobre 2001 con un numero 0. Il giornale nei primi anni di attività non riuscì a mantenere una costanza di pubblicazione. Nel 2002, raggiunta una minima possibilità economica, venne registrato al Tribunale di Salerno. Nel Settembre del 2004 ne seguì la registrazione ed integrazione della testata www.controcampus.it. Dalle origini al 2004 Controcampus nacque nel Settembre del 2001 quando Mario Di Stasi, allora studente della facoltà di giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno, decise di fondare una rivista che offrisse la possibilità a tutti coloro che vivevano il campus campano di poter raccontare la loro vita universitaria, e ad altrettanta popolazione universitaria di conoscere notizie che li riguardassero. Il primo numero venne diffuso all’interno della sola Università di Salerno, nei corridoi, nelle aule e nei dipartimenti. Per il lancio vennero scelti i tre giorni nei quali si tenevano le elezioni universitarie per il rinnovo degli organi di rappresentanza studentesca. In quei giorni il fermento e la partecipazione alla vita universitaria era enorme, e l’idea fu proprio quella di arrivare ad un numero elevatissimo di persone. Controcampus riuscì a terminare le copie date in stampa nel giro di pochissime ore. Era un mensile. La foliazione era di 6 pagine, in due colori, stampate in 5.000 copie e ristampa di altre 5.000 copie (primo numero). Come sede del giornale fu scelto un luogo strategico, un posto che potesse essere d’aiuto a cercare fonti quanto più attendibili e giovani interessati alla scrittura ed all’ informazione universitaria. La prima redazione aveva sede presso il corridoio della facoltà di giurisprudenza, in un locale adibito in precedenza a magazzino ed allora in disuso. La redazione era quindi raccolta in un unico ambiente ed era composta da un gruppo di ragazzi, di studenti (oltre al direttore) interessati all’idea di avere uno spazio e la possibilità di informare ed essere informati. Le principali figure erano, oltre a Mario Di Stasi: Giovanni Acconciagioco, studente della facoltà di scienze della comunicazione Mario Ferrazzano, studente della facoltà di Lettere e Filosofia Il giornale veniva fatto stampare da una tipografia esterna nei pressi della stessa università di Salerno. Nei giorni successivi alla prima distribuzione, molte furono le persone che si avvicinarono al nuovo progetto universitario, chi per cercarne una copia, chi per poter partecipare attivamente. Stava per nascere un nuovo fenomeno mai conosciuto prima, Controcampus, “il periodico d’informazione universitaria”. “L’università gratis, quello che si può dire e quello che altrimenti non si sarebbe detto”, erano questi i primi slogan con cui si presentava il periodico, quasi a farne intendere e precisare la sua intenzione di università libera e senza privilegi, informazione a 360° senza censure. Il giornale, nei primi numeri, era composto da una copertina che raccoglieva le immagini (foto) più rappresentative del mese, un sommario e, a seguire, Campus Voci, la pagina del direttore. La quarta pagina ospitava l’intervista al corpo docente e o amministrativo (il primo numero aveva l’intervista al rettore uscente G. Donsi e al rettore in carica R. Pasquino). Nelle pagine successive era possibile leggere la cronaca universitaria. A seguire uno spazio dedicato all’arte (poesia e fumettistica). I caratteri erano stampati in corpo 10. Nel Marzo del 2002 avvenne un primo essenziale cambiamento: venne creato un vero e proprio staff di lavoro, il direttore si affianca a nuove figure: un caporedattore (Donatella Masiello) una segreteria di redazione (Enrico Stolfi), redattori fissi (Antonella Pacella, Mario Bove). Il periodico cambia l’impaginato e acquista il suo colore editoriale che lo accompagnerà per tutto il percorso: il blu. Viene creata una nuova testata che vede la dicitura Controcampus per esteso e per riflesso (specchiato), a voler significare che l’informazione che appare è quella che si riflette, quello che, se non fatto sapere da Controcampus, mai si sarebbe saputo (effetto specchiato della testata). La rivista viene stampa in una tipografia diversa dalla precedente, la redazione non aveva una tipografia propria, ma veniva impaginata (un nuovo e più accattivante impaginato) da grafici interni alla redazione. Aumentarono le pagine (24 pagine poi 28 poi 32) e alcune di queste per la prima volta vengono dedicate alla pubblicità. Viene aperta una nuova sede, questa volta di due stanze. Nel Maggio 2002 la tiratura cominciò a salire, fu l’anno in cui Mario Di Stasi ed il suo staff decisero di portare il giornale in edicola ad un prezzo simbolico di € 0,50. Il periodico era cosi diventato la voce ufficiale del campus salernitano, i temi erano sempre più scottanti e di attualità. Numero dopo numero l’obbiettivo era diventato non più e soltanto quello di informare della cronaca universitaria, ma anche quello di rompere tabù. Nel puntuale editoriale del direttore si poteva ascoltare la denuncia, la critica, la voce di migliaia di giovani, in un periodo storico che cominciava a portare allo scoperto i risultati di una cattiva gestione politica e amministrativa del Paese e mostrava i primi segni di una poi calzante crisi economica, sociale ed ideologica, dove i giovani venivano sempre più messi da parte. Disabilità, corruzione, baronato, droga, sessualità: sono questi alcuni dei temi che il periodico affronta. Nel 2003 il comune di Salerno viene colto da un improvviso “terremoto” politico a causa della questione sul registro delle unioni civili, “terremoto” che addirittura provoca le dimissioni dell’assessore Piero Cardalesi, favorevole ad una battaglia di civiltà (cit. corriere). Nello stesso periodo Controcampus manda in stampa, all’insaputa dell’accaduto, un numero con all’interno un’ inchiesta sulla omosessualità intitolata “dirselo senza paura” che vede in copertina due ragazze lesbiche. Il fatto giunge subito all’attenzione del caporedattore G. Boyano del corriere del mezzogiorno. È cosi che Controcampus entra nell’attenzione dei media, prima locali e poi nazionali. Nel 2003 Mario Di Stasi avverte nell’aria segnali di cambiamento sia della società che rispetto al periodico Controcampus. Pensa allora di investire ulteriormente sul progetto, in redazione erano presenti nuove figure: Ernesto Natella, Laura Muro, Emilio C. Bertelli, Antonio Palmieri. Il periodico aumenta le pagine, (44 pagine e poi 60 pagine), è stampato interamente a colori, la testata è disegnata più piccola e posizionata al lato sinistro della prima pagina. La redazione si trasferisce in una nuova sede, presso la palazzina E.di.su del campus di Salerno, questa volta per concessione dell’allora presidente dell’E.di.su, la Professoressa Caterina Miraglia che crede in Controcampus. Nello stesso anno Controcampus per la prima volta entra nel mondo del Web e a farne da padrino è Antonio Palmieri, allora studente della facoltà di Economia, giovane brillante negli studi e nelle sue capacità web. Crea un portale su piattaforma CMS realizzato in asp. È la nascita di www.controcampus.it e l’inizio di un percorso più grande. Controcampus è conosciuto in tutti gli atenei italiani, grazie al rapporto e collaborazione che si instaura con gli uffici stampa di ogni ateneo, grazie alla distribuzione del cartaceo ed alla nuova iniziativa manageriale di aprire sedi - redazioni in tutta Italia. Nel 2004 Mario Di Stasi, Antonio Palmieri, Emilio C. Bertelli e altri redattori del periodico controcampus vengono eletti rappresentanti di facoltà. Questo non permette di sporcare l’indirizzo e linea editoriale di Controcampus, che resta libera da condizionamenti di partito, ma offre la possibilità di poter accedere a finanziamenti provenienti dalla stessa Università degli Studi di Salerno che, insieme alla pubblicità, permettono di aumentare gli investimenti del gruppo editoriale. Ciò nonostante Controcampus rispetto alla concorrenza doveva contare solamente sulle proprie forze. La forza del giornale stava nella fiducia che i lettori avevano ormai riposto nel periodico. I redattori di Controcampus diventarono 15, le redazioni nelle varie università italiane aumentavano. Tutto questo faceva si che il periodico si consolidasse, diventando punto di riferimento informativo non soltanto più dei soli studenti ma anche di docenti, personale e politici, interessati a conoscere l’informazione universitaria. Gli stessi organi dell’istruzione quali Miur e Crui intrecciavano rapporti di collaborazione con il periodico. Dal 2005 al 2009 A partire dal 2005 Controcampus e www.controcampus.it ospitano delle rubriche fisse. Le principali sono: Università, la rubrica dedicata alle notizie istituzionali Uni Nord, Uni Centro e Uni Sud, rubriche dedicate alla cronaca universitaria Cominciano inoltre a prender piede informazioni di taglio più leggero come il gossip che anche nel contesto universitario interessa. La redazione di Controcampus intuisce che il gossip può permettergli di aumentare il numero di lettori e fedeli e nasce cosi da controcampus anche una iniziativa che sarà poi riproposta ogni anno, Elogio alla Bellezza, un concorso di bellezza che vede protagonisti studenti, docenti e personale amministrativo. Dal 2006 al 2009 la rivista si consolida ma la difficoltà di mantenete una tiratura nazionale si fa sentire anche per forza della crisi economia che investe il settore della carta stampata. Dal 2009 ad oggi Nel maggio del 2009 Mario Di Stasi, nel tentativo di voler superare qualsiasi rischio di chiusura del periodico e colto dall’interesse sempre maggiore dell’informazione sul web (web 2.0 ecc), decide di portare l’intero periodico sul web, abbandonando la produzione in stampa. Nasce un nuovo portale: www.controcampus.it su piattaforma francese Spip. Questo se da un lato presenta la forza di poter interessare e raggiungere un vastissimo pubblico (le indicizzazioni lo dimostrano), dall’altro lato presenta subito delle debolezze dovute alla cattiva programmazione dello stesso portale. Nel 2012 www.controcampus.it si rinnova totalmente, Mario Di Stasi porta con se un nuovo staff: Pasqualina Scalea (Caporedattore), Dora Della Sala (Vice Caporedattore), Antonietta Amato (segreteria di Redazione) Antonio Palmieri (Responsabile dell’area Web) Lucia Picardo (Area Marketing), Rosario Santitoro ( Area Commerciale). Ci sono nuovi responsabili di area, ciascuno dei quali è a capo di una redazione nelle diverse sedi dei principali Atenei Italiani: sono nuovi giovani vogliosi di essere protagonisti in un’avventura editoriale. Aumentano e si perfezionano le competenze e le professionalità di ognuno. Questo porta Controcampus ad essere una delle voci più autorevoli nel mondo accademico. Nel 2013 www.controcampus.it si aplia, il portale d'informazione universitario, diventa un network. Una nuova edizione, non più un periodico ma un quotidiano anzi un notiziario in tempo reale. Nasce il Magazine Controcampus, nascono nuovi contenuti: scuola, università, ricerca, formazione e lavoro. Nascono ulteriori piattaforme collegate alla webzine, non solo informazione ma servizi come bacheche, appunti, ricerca lavoro e anche nuovi servizi sociali. Certo le difficoltà sono state sempre in agguato ma hanno generato all’interno della redazione la consapevolezza che esse non sono altro che delle opportunità da cogliere al volo per radicare il progetto Controcampus nel mondo dell’istruzione globale, non più solo università. Controcampus diventa sempre più grande restando come sempre gratuito. Un nuovo portale, un nuovo spazio per chiunque e a prescindere dalla propria apparenza e provenienza. Sempre più verso una gestione imprenditoriale e professionale del progetto editoriale, alla ricerca di un business libero ed indipendente che possa diventare un’opportunità di lavoro per quei giovani che oggi contribuiscono e partecipano all’attività del primo portale di informazione universitaria. Sempre più verso il soddisfacimento dei bisogni dei lettori che contribuiscono con i loro feedback a rendere Controcampus un progetto sempre più attento alle esigenze di chi ogni giorno e per vari motivi vive il mondo universitario. Leggi tutto