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La televisone: buona maestra o diseducatrice?

16 Giugno 2006
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25/04/2024

La storia della televisione inizia negli anni ‘50 e, in apertura, questo mezzo aveva il ruolo di affiancare l’istruzione scolastica cercando di La storia della televisione inizia negli anni ‘50 e, in apertura, questo mezzo aveva il ruolo di affiancare l’istruzione scolastica cercando di presentarsi come un modello di perfezione linguistica.

L’intento era di portare quella realtà italiana, con ancora un alto tasso di analfabetismo e dialettalismo, verso un corretto uso della lingua orientandola verso l’utilizzo di un italiano standard, pulito di ogni coloritura regionale.
La tv è stata una vera scuola per gli Italiani, le statistiche lo rivelano molto bene. Se nel 1951 più del 60% della popolazione parlava sempre il dialetto, alla fine degli anni Ottanta, grazie alla TV questa percentuale si era ridotta al 23,3%.
Parliamo di una prima fase, quella della paleotelevisione, in cui la programmazione era ancora spoglia e le prime trasmissioni avevano carattere culturale legate all’arte, ai libri, alla scienza….; il palinsesto dei primissimi anni è popolato anche di opere liriche, commedie, drammi con il duplice intento di educare quella parte di pubblico meno preparata dal punto di vista culturale ed avvicinare al mezzo anche gli spettatori già colti.
La visione del neonato mezzo di comunicazione era un momento di aggregazione, un pretesto per socializzare, per ritrovarsi nei bar, nei cinema che diventano punti di ritrovo essendo, in esordio, un bene costoso che ben pochi si potevano permettere.
In quest’accezione la televisione si presentava dunque come uno strumento d’informazione che tendeva ad istruire piuttosto che divertire e intrattenere; questa tendenza iniziò a venir meno con gli anni ’70 e con il passaggio alla neotelevisione. Qui tutti i buoni presupposti della fase precedente tendono a scomparire per lasciar posto ad una miriade di nuovi generi: la televisione italiana pullula di programmi spazzatura: da fiction demenziali, a real tv, a programmi strappalacrime.
Questo passaggio ha un valore notevole per quelle che sono le conseguenze che ne derivano; con questa nuova era si affermano tanti falsi valori, la tv commerciale ci inonda di modelli ideali, di televendite. Tale martellamento mediatico non ci risparmia inoltre spots che invitano al consumismo e ad un’idea distorta di benessere e di bellezza, che impongono, sotto forma di valori, ideali che valori non sono. Tutto ciò entra ogni giorno nelle case della gente senza che nessuno se ne accorga.
La tv è passata dal consumo intellettuale a quello materiale e non fa altro che instillare nella testa dei suoi spettatori,in maniera subdola, dei falsi miti sconvolgendo così quel processo di valorizzazione dell’individuo, di formazione il cui obiettivo primario era quello di arricchire il proprio bagaglio massimizzando i profitti con gli studi. Se ieri un modello da seguire era quello di un familiare, perché ritenuto brillante in carriera o per l’intelligenza, oggi il punto di riferimento per i tele-dipendenti non può che essere uno dei tanti “bellocci” sfornati dalla De Filippi o le Veline o letterine che siano dove l’avvenenza e la componente estetica hanno la meglio. Casting , provini, tutti bramosi di esser qualcuno, di farsi fotografare, di conoscere i calciatori o la bellezza straniera…è tutto un gioco d’immagine che non fa che evidenziare come siano degenerate le cose e come sia difficile rintracciare ancora nella televisione una componente pedagogica. Fortunatamente vanno ancora in onda programmi culturali, rubriche e rotocalchi pomeridiani che affrontano temi importanti o che ci consentono di avere ancora una, seppur piccola, parvenza di cultura.
In questa realtà dove ciò che conta è apparire, bisogna porre attenzione a quelle menti ancora pure, incontaminate che sono delle spugne esposte ad assorbire quanto passa per il teleschermo, operando affinché si possa realizzare una sorta di filtro che metta in atto una selezione di qualità.

© Riproduzione Riservata
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