Si è concluso ieri il Salone della Responsabilità Sociale, prestigioso appuntamento, dal titolo emblematico “Dal Dire al Fare”, tra imprese, università e giovani sulla cosiddetta responsabilità sociale d’impresa (corporate social responsability). Dopo le scorse edizioni alla Statale e alla IULM, per la seconda volta si rinnova la partnership con l’Università Bocconi di Milano, che ha ospitato nei suoi spazi il variegato programma teso completamente alla divulgazione del valore della RSI nei mercati odierni e delle sue pratiche in Italia e nel mondo, nel contesto della transizione attraverso la Crisi globale di questi ultimi anni.
Il programma – Nei convegni che hanno riempito le mattine del Salone aggiornamenti sugli scenari futuri, sui vantaggi verificati e verificabili e sulle esperienze concrete della gestione aziendale socialmente responsabile. A parlare rappresentanti delle istituzioni, professori universitari, vari professionisti e i manager delle imprese presenti. Nei Laboratori Tematici è stato dato spazio per approfondire questioni di rilievo concernenti la RSI e i suoi intenti: la comunicazione efficace e trasparente, il rapporto col Terzo Settore, politiche di educazione al consumo responsabile, rispetto e tutela dell’Ambiente. La sezione Spazio PA invece ha illustrato modi e metodi di applicazione significativa della RSI nella realtà di alcuni enti pubblici. Anche numerosi Eventi Speciali sul tema della sostenibilità praticata e i suoi rapporti con specifici settori di mercato (quali, edilizia, no- profit ecc.), sulle tecniche di comunicazione della RSI, sulla Green Life e molto altro. Infine è da segnalare lo Spazio Autori in cui sono stati presentati e discussi le ultime aggiunte della letteratura in argomento, ormai vasta anche in Italia, e su argomenti strettamente correlati alle pratiche socialmente responsabili.
RSI – Se una multinazionale del settore hi-tech decide di organizzare un programma di raccolta e smaltimento dei propri prodotti una volta obsoleti si sta direttamente facendo carico della precisa volontà di contribuire alla riduzione del problema dei rifiuti; se una corporation dell’energia vara un programma di finanziamento in favore delle tecniche per il risparmio idrico nel territorio in cui opera si sta occupando di un problema della comunità locale; mettere a disposizione un asilo aziendale significa anche investire nel miglioramento della vita lavorativa dei proprio dipendenti; infine, se un ente pubblico fornisce strumenti e strutture che agevolino la creazione d’impresa in Italia per i giovani imprenditori italiani (ma anche stranieri comunitari ed extracomunitari) sta offrendo un servizio socialmente responsabile.
In tutti i casi elencati il filo conduttore consiste nel mettere in piedi una relazione tra soggetto impresa/ente e i suoi interlocutori di riferimento (in teoria si parla di stakeholders: dipendenti, consumatori, fornitori, azionisti e finanziatori, media, PA ecc. ) da cui si possa trarre, con consapevolezza, mutuo soddisfacimento di attese e interessi. Il riconoscimento delle ricadute sociali e ambientali dell’operato delle aziende sembra attestarsi come paradigma teorico e pratico a cui ispirarsi.
Oggi i modelli di sviluppo delle aziende non possono non tener conto della sostenibilità del loro operato: tra regolamentazione e volontarismo, su cui comunque spinge la legislazione comunitaria, diventa sempre più chiaro che chi dimostra di essere in concreto socialmente responsabile costruisce nel lungo periodo una relazione e reputazione a cui tutti gli interlocutori aziendali rimangono fedeli.
Non dovendo essere solo filantropia né, ancor meno, un accessorio per far ben figurare un bilancio aziendale, la responsabilità sociale è strategia di sviluppo e di investimenti di ampio e lungo respiro.
Raffaele La Gala