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Webranking 2010: in Italia poche grandi eccellenze e molto da migliorare

9 Marzo 2011
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19/03/2024

Dalla classifica dedicata alla comunicazione economico-finanziaria on-line emerge il bisogno di trasparenza nell'uso istituzionale del webEni, Telecom Italia, Unicredit: sono questi i tre colossi di tre settori economicamente cruciali ad esprimere il meglio sulla comunicazione istituzionale e finanziaria online italiana nella top 10 della classifica annuale stilata dalla svedeseHallvarsson&Halvarsson (H&H).

Controcampus Dalla classifica dedicata alla comunicazione economico-finanziaria on-line emerge il bisogno di trasparenza nell’uso istituzionale del webEni, Telecom Italia, Unicredit: sono questi i tre colossi di tre settori economicamente cruciali ad esprimere il meglio sulla comunicazione istituzionale e finanziaria online italiana nella top 10 della classifica annuale stilata dalla svedeseHallvarsson&Halvarsson (H&H). Al Webranking Award 2010, il premio giunto alla sua quattordicesima edizione europea e punto di riferimento per il dibattito attorno alle cosiddette investor relations delle società quotate, l’Italia ha potuto vantare il primato europeo e mondiale di Eni (punti: 87.75/100) per il terzo anno consecutivo, il terzo posto europeo di Telecom Italia (punti 86/100, dal 2007 non più in vetta) e il sesto posto europeo di Unicredit (80.25 punti su 100), corrispondente però al primo posto se si considerano i soli istituti finanziari europei.

Comunicazione strategica e il webranking – Queste le eccellenze sono indubbiamente da riportare come esempi di uso strategicamente efficace della comunicazione di tipo istituzionale ed economico-finanziaria, laddove l’efficacia risiede nella creazione e fortificazione di relazione, fiducia e coinvolgimento da parte dell’azienda verso il pubblico degli azionisti e degli investitori, ossia interlocutori assolutamente centrali per l’esistenza di qualsiasi progetto d’azienda e che necessita di informazioni dettagliate e trasparenti. Stesse esigenze anche per chi cerca lavoro e usa il web per contattare l’azienda: le aziende migliori sono quelle ove nascono costantemente opportunità per i nuovi talenti. Opportunità che hanno sempre un vasto pubblico potenziale ma che non esistono se non comunicate.

Il webranking di H&H è redatto in collaborazione con il Corriere della Sera sulla base di una ricerca sui contenuti istituzionali presentati in lingua inglese che utilizza un protocollo di valutazione composto da 127 criteri, di cui un terzo dedicati alle informazioni finanziarie, oltre a dati rilevati tramite la somministrazione di questionari. La ricerca del 2010 aggiunge inoltre una nuova sezione dedicata a presenza e visibilità del sito corporate nei motori di ricerca e nei siti social media.

Un webranking di mala-comunicazione – Se si passa al prospetto tutto italiano della classifica H&H il quadro cambia e ciò che risalta è un generale disimpegno nell’inquadramento del sito istituzionale come ambiente di informazione e comunicazione trasparente e tempestivo :Il punteggio medio ottenuto di 39,6/100 punti rivela che la comunicazione societaria on-line delle prime 100 aziende italiane quotate risente del gap tra tra informazioni fornite e richieste dal mercato.

Ben 72 delle 100 aziende incluse nella classifica ottengono un punteggio inferiore alla metà del punteggio massimo (ossia inferiore a 50 punti), che può essere considerata la soglia indicante un discreto livello di informazione online, mentre sono 17 le società che ottengono un punteggio inferiore ai 20 punti, presentando cioè un livello informativo insufficiente sul proprio sito. Oltre le “solite” eccellenze, spicca la multi-utility emiliana Hera (seconda classificata e l’unica che ha puntato su forme interattive di presentazione dei bilanci) e Piaggio che migliora notevolmente la propria classifica (dalla posizone 52 alla 5, migliorando di 53,25 punti rispetto al 2009 e attestandosi come best improver del 2010).

Migliora bene anche Enel, calano Benetton, Parmalat e crolla Finmeccanica, mentre in generale si può parlare di numerosi gli esempi di sotto-utilizzo delle potenzialità relazionali del sito web. Altro dato è il basso numero di nuovi siti istituzionali messi in Rete: nove siti corporate nel 2010, solo cinque i nuovi siti nel 2009.

Cosa le top100 non dicono – Le informazioni sul brand della società o sul suo posizionamento di mercato e le informazioni sul settore sono fornite solo dal 30% delle società. Il 36% delle società non fornisce sul proprio sito
nemmeno i nomi dei propri manager, mentre il 42% non presenta il proprio consiglio di amministrazione: dato preoccupante se si mette in relazione con quanto emerso dal Questionario H&H Webranking che ha dimostrato la relazione tra crisi finanziaria e l’esigenza crescente di maggiori informazioni sensibili , oltre che sulla gestione del rischio, gli strumenti di finanziamento e le prospettive future di crescita, anche sulla struttura manageriale. Si tace su nomi e posizioni ma anche sui compensi : ammontano al 79% le società che non forniscono informazioni sul sistema di retribuzione per consiglieri e manager.

Ancora più grave è che ben il 12% delle società considerate non mette a disposizione l’ultimo bilancio in inglese e nemmeno un archivio di comunicati stampa.Il 76% non presenta sul proprio sito istituzionale informazioni riguardanti una descrizione dei fattori di rischio.
Nonostante si parli molto dei benefici reputazionali delle aziende che sanno essere responsabili, su un quarto dei siti considerati non si trova alcuna informazione sulla responsabilità sociale e il 71% non presenta un bilancio di sostenibilità.
Per quanto riguarda il reclutamento, sebbene la sezione dedicata alle opportunità professionali sia in genere la più cliccata del sito, ben il 41% delle aziende non presenta alcuna informazione per attrarre nuovi dipendenti e più della metà delle società non presenta né aggiorna le posizioni aperte.

Il web come semplice vetrina – il sito istituzionale viene perlopiù utilizzato per rendere disponibili informazioni già presentate nei documenti ufficiali : manca generalmente una necessaria rielaborazione delle informazioni in chiave web per raggiungere un livello di vera comunicazione e coinvolgimento.

L’adattamento per il web non è una questione stilistica ma fa la differenza tra chi consapevolmente cerca di essere compreso anche da un pubblico più ampio e usa la comunicazione come opportunità e chi invece subisce ed esplica il solo obbligo di comunicare. Il linguaggio accessibile solo a pochi, la scarsa attenzione alla comunicazione visuale di supporto il misconoscimento dell’uso degli audiovisivi per rendere più coinvolgente la comunicazione sono chiari sintomi di un uso passivo del sito istituzionale.

Come se non bastasse, oltre l’80% dei siti dispone di comunicati stampa pensati per essere distribuiti off-line e perciò infarciti da lunghi testi senza neanche l’accorgimento più basilare e facile da implementare della comunicazione digitale, ovvero il semplice link ipertestuale per eventuali e sempre opportuni approfondimenti.

Raffaele La Gala

© Riproduzione Riservata
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