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Far rinascere i mammut? Ora è possibile!

20 Maggio 2010
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20/04/2024

Il professor Kevin Campbell dell’università del Manitoba (Canada) sta portando avanti un lavoro duro e faticoso di molti altri colleghi.

Fino a questo momento da carcasse congelate di mammut è stato estratto un 70-80% dell’antico Dna, lui si è spinto ben oltre. Sta studiando l’emoglobina dei mammut, cioè la sostanza che permette al sangue di trasferire l’ossigeno ai tessuti di tutto l’organismo.

La ricerca si basa su due aspetti: analizzare l’emoglobina dei mammut fossili e paragonarla con quella degli elefanti attuali. La cosa inaspettata è che gli è riuscita più facile la prima parte che la seconda.
Quando si è trattato di studiare i mammut, gli sono stati messi a disposizione con una certa facilità tre minuscoli frammenti di tessuto di animali siberiani, morti fra i 25 mila e i 43 mila anni fa, e così lo scienziato ha potuto fare le analisi che voleva; invece gli è stato impossibile, se non a prezzo di molti sforzi e accettando compromessi, ottenere campioni di sangue di elefante vivo.

Il problema è che, per una serie di ragioni, Campbell riteneva fosse meglio avere sangue di elefanti non rinchiusi in uno zoo, ma allo stato selvatico. Ma prelevare sangue ad un elefante della savana è una faccenda delicata. L’animale colpito da un proiettile narcotizzante potrebbe crollare a terra violentemente, dato il suo peso, e farsi male. Questo è possibile farlo soltanto per ragioni molto serie e Campbell non aveva trovato nessun parco che ritenesse la sua ricerca meritevole di mettere a rischio la vita di un elefante.

Alla fine lo scienziato canadese si è dovuto accontentare di un campione di sangue prelevato da un elefante ospite di uno zoo dell’Ontario. Così anche la seconda parte della ricerca era stata facilmente realizzata.
Ora bastava controllare i vetrini e tirare le somme.

Ecco il risultato.

Nel passaggio fra quelli tropicali a quelli siberiani, il mix di geni produttori di emoglobina si è modificato in modo da consentire che le zampe del mammut, a contatto con il suolo gelato, venissero irrorate con pochissimo sangue, e così disperdessero poco calore; per ottenere comunque una buona ossigenazione delle zampe era necessario che l’emoglobina doveva svolgere lo stesso lavoro con meno sangue, e proprio questo ha garantito la selezione genetica, secondo il risultato delle analisi.

La scoperta in sé non è eccezionale, perché questo adattamento è tipico di quasi tutti gli animali dei climi freddi. Ma intanto l’analisi genetica dei mammut ha fatto un passo avanti.
Si avvicina il momento in cui si potrebbe clonare un mammut dalla preistoria.

Anna Schettino

© Riproduzione Riservata
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