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Università: protestano i ricercatori delle università campane

3 Giugno 2010
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14/12/2024

Si è svolto oggi, giovedì 3 giugno 2010, un movimento di protesta a Napoli contro il ddl firmato Mariastella Gelmini.

Controcampus Si è svolto oggi, giovedì 3 giugno 2010, un movimento di protesta a Napoli contro il ddl firmato Mariastella Gelmini.

In Piazza San Domenico Maggiore si sono riuniti i ricercatori dell’Università degli Studi di Salerno, dell’Università Federico II, della SUN (Seconda Università di Napoli), dell’Orientale, della Parthenope e dell’Università del Sannio, sostenuti da docenti e personale tecnico-amministrativo, che hanno espresso il loro dissenso nei confronti del decreto legge che, se approvato, sconvolgerebbe l’equilibrio finora creato all’interno dell’organizzazione del sistema universitario.

Si protesta contro le modifiche introdotte dal ddl che porterebbe ad una serie di provvedimenti a svantaggio di chi lavora in ambito universitario: blocco degli stipendi fino al 2014, quando gli scatti retributivi diventeranno triennali e non più biennali; interruzione delle progressioni di carriera; riduzione del turn-over dal 100% al 50% fino al 2014; discriminazione nei confronti dei ricercatori assunti a tempo indeterminato.

Forse l’unico aspetto positivo sarebbe l’introduzione del cosiddetto criterio di produttività, con cui si garantirebbero premi e vantaggi a chi pubblica di più. Ma sembra una caratteristica di poco conto, se paragonato a un ddl che difficilmente verrà accettato senza critiche e obiezioni.

Queste le parole di Vincenzo Paolo Senese, della Seconda Università di Napoli: “Da anni togliamo tempo al nostro lavoro di ricerca per prestarci alla didattica a titolo gratuito e senza nessun riconoscimento professionale. Almeno il 40% dei corsi di laurea resta in funzione per il nostro lavoro “nero”, visto che gli atenei non hanno altri docenti strutturati per coprire gli incarichi”. E continua: “Il provvedimento va ampiamente modificato con una serie di emendamenti, se non si vuole che gli atenei pubblici italiani chiudano i battenti e che l’università torni a essere un privilegio dei pochi che possono permettersi di accedere alle strutture private”.

Alla dichiarazione di Senese se ne aggiunge un’altra, quella di Paola dell’Università Federico II: “Nel ddl scompare totalmente la figura del ricercatore strutturato e viene regolata solo l’attività dei precari. In questo modo chi è in ruolo da anni resta in un limbo senza garanzie, perché non può aspirare a far carriera e non può diventare docente. D’altro canto, i precari che saranno assunti avranno un contratto a tempo determinato della durata di tre anni, rinnovabile una sola volta. Dopo sei anni l’università è obbligata ad arruolarli a tempo indeterminato o è costretta a mandarli via”.

Sebastiano Liguori

© Riproduzione Riservata
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