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Quando un “grazie” non basta: il problema stage, questione europea e oltre

28 Giugno 2011
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29/03/2024

La proposta dell' EYF per reagire al ritardo UE sulla regolamentazione uniformeLa proposta dell' EYF per reagire al ritardo UE sulla regolamentazione uniforme Un articolo apparso sul portale ufficiale dell'OECD ha recentemente portato alla ribalta il problema dello stage.

La firma è dell’ European Youth Forum, consorzio no-profit che riunisce un centinaio di ONG interessate a unire gli sforzi nella rappresentanza degli interessi della gioventù europea presso le Istituzioni della UE. La visibilità offerta dall’ OECD (sui nostri giornali conosciuta come OCSE , Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) che recentemente ha diffuso un interessante panoramica sulla diffusione nel mondo del lavoro non pagato (rapportata a variabili quali attitudine al volontariato, uso del tempo, differenze di genere) ha costituito il trampolino di lancio di una ricerca on-line rivolta a stagisti e tirocinanti di qualsiasi Paese della UE.

Il NetworkEuropean Youth Forum si interessa di usare gli strumenti dell’attivismo e del partenariato tra Terzo Settore e le preposte Istituzioni Europee per diffondere le condizioni che facilitino una transizione proficua dei giovani europei dall’alveo della formazione al mercato del lavoro.

EYF crede che lo stage sia uno strumento che faciliti questa transizione a condizione che la dimensione e il valore formativi dei tirocini siano assicurati e che i tirocini non servano in alcun caso a sostituire mansioni che per qualità e caratteristiche costituiscano a pieno titolo lavori ed il cui aspetto retributivo venga quindi neutralizzato inquadrando le prestazioni svolte on the job nello status formale del tirocinio.

In tal caso il tirocinio rischia di fatto di diventare un improprio escamotage che mentre ad enti ed imprese assicura lavoro (in molti Paesi, come in Italia, non retribuito per disposto di legge) finisce facilmente per essere un periodo di dubbia formatività per ex-lavoratori, studenti e neolaureati.

Nell’accogliere positivamente il fatto che numerose Istituzioni Europee si sforzino di offrire opportunità di svolgere stage e tirocini formativi attraverso la stipula di programmi articolati l’ EYF constata come allo stesso tempo molte delle stesse importanti istituzioni facciano registrare l’attecchimento delle principali worst practices nella conduzione dei programmi di tirocinio e in riferimento quindi ad aspetti come qualità, forme di remunerazione, benefits sociali, affiancamento e consulenza.

L’ EYF ha reso noto un proprio position paper in cui espone sinteticamente la propria visione del problema, rilanciando la necessità di pervenire ad una Quality Charter europea in cui si affermino regole fondamentali e condivise riguardo a erogazione e espletamento dei tirocini nei Paesi UE.

La ricerca e lo status quo – La realtà degli internship precari è stata già oggetto di una video-inchiesta (Internview ) diffusa sul web nel settembre scorso. Con questa operazione “virale” si è mirato a risvegliare e coagulare la consapevolezza presso i giovani stessi. Ma il collettivo di EYF ha attualmente deciso di approntare una ricerca on-line tramite cui a chiunque abbia svolto o stia svolgendo un periodo di stage viene data la possibilità di valutare e descrivere gli aspetti chiave della propria esperienza formativa.

L’iniziativa tiene conto della mancanza di dati statistici ufficializzati dalla UE, lacuna dovuta essenzialmente al fatto che ovunque il tirocinio non è in alcun modo considerabile come rapporto di lavoro. Il testo della European Youth Garantee recentemente adottato dal Parlamento di Strasburgo (6 giugno) ricalca fedelmente la risoluzione sul “rafforzamento dello statuto dei tirocinanti e degli apprendisti” presentata esattamente 11 mesi prima e di cui Controcampus si è già occupato.

In entrambi i testi, la condizione giovanile della transizione formazione-lavoro nella generale crisi economica e l’invalso snaturamento della ragion d’essere del tirocinio/stage sono tra le ferme constatazioni da cui partire. Ugualmente poi si riafferma la necessità di provvedere alla raccolta di dati per stilare ufficialmente statistiche e studi comparativi ritenuti essenziali per monitorare il fenomeno e adottare di conseguenza opportune strategie europee di governance . Ciò che si evince in fondo è che l’iniziativa UE rispetto alle necessità di regolare uniformemente la formazione on-the-job e a tutelare gli stagisti dallo sfruttamento è ancora in stato embrionale.

Precarietà Oltreoceano – Nella primavera 2010 il New York Times (con questa inchiesta) sollevò l’attenzione sul problema della sostenibilità sociale e legale degli internship non tutelati rilevando rispetto alla UE sostanziali similiarità dovuti alla de-regulation del fenomeno: casistica esorbitante di tirocini privi delle elementari misure che tamponino la spesso correlata mobilità dei tirocinanti, il ‘regolare’ ricorso ai tirocini per rimpiazzare il lavoro contrattualizzato, la generale mancanza di tutela legale per la gioventù tirocinante.

Nella legislazione statunitense si fa riferimento ai sei criteri stabiliti dal Fair Labor Standards Act (FLSA), una legge del 1938. Tra questi ci sono i chiari principi secondo cui il tirocinio è iniziativa ed esperienza pensata e organizzata per essere a favore del tirocinante e, pur non potendo accedere a regolare salario (e alla tutela anti-discriminatoria riconosciuta ai lavoratori), il tirocinante opera “under close observation”, riconoscendo cioè la necessità di essere seguito da un referente o cosiddetto “tutor”.

Ma, soprattutto il quarto e più controverso criterio recita testualmente che “il datore di lavoro che offre il tirocinio non deriva alcun vantaggio immediato dalle attività svolte dal tirocinante”. E’ ormai storica la difficoltà dell’applicazione di quest’ultimo disposto.

Una proposta alternativa – Un recente studio dell’ Economic Policy Institute propone un test quantitativo che fornisca indicazioni su come disambiguare tra tirocinio e lavoro non pagato. Il test prende le mosse dalla nozione di “benefit” di cui si fa menzione nella FLSA e considera l’esperienza di tirocinio solamente quella per cui il costo per-ora sostenuto dal datore di lavoro per attuare il programma di tirocinio nel suo ente o nella sua azienda superi il beneficio per-ora prodotto dall’attività del tirocinante a vantaggio del datore di lavoro.

Diversamente la situazione configurerebbe rapporto di lavoro e scatterebbe quindi l’obbligo del datore di lavoro di rispettare di tutta quanta la normativa in materia (retribuzione, ferie, prevenzione sociale).

Raffaele La Gala

© Riproduzione Riservata
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