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L’Alma Mater Studiorum reagisce alla riforma universitaria

23 Marzo 2011
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19/03/2024

A fronte dello stallo della riforma e della carenza di leggi attuative, l'Università di Bologna stanzia fondi per ricercatori e personale tecnico amministrativo.

Si è abbattuta sul sistema universitario italiano, con una forza imprevista, la riforma dell’Università varata dal Governo. Dopo pochi mesi dall’approvazione della legge, “Repubblica” redige un’inchiesta sull’attuale situazione degli atenei italiani dopo il tanto contestato decreto.

Ad oggi non esistono i provvedimenti attuativi per la legge varata, perciò vige nella maggior parte delle Università un’angosciante situazione di stallo e attesa, che potrebbe protrarsi a lungo. Le borse di studio post laurea sono state eliminate, i contratti bloccati per i posti da professore associato, in quanto necessitano della revisione gli Statuti di Ateneo; i nuovi cicli di dottorati di ricerca sono congelati proprio a causa della mancanza del decreto attuativo, come anche la partecipazione ai progetti di ricerca.

Questa opprimente situazione diventa ancora più drammatica se si pensa ai dati pubblicati dal sindacato nazionale CGIL, i quali indicano per il 2012 il pensionamento del 50% del personale docente ordinario e del 25% degli associati. Tali risorse umane delle varie Università non potranno essere rimpiazzate in quanto le prospettive di bilancio degli atenei saranno in profondo rosso, e non consentiranno nuove assunzioni.

Oggi le Università italiane vivono, perciò, un vero momento di crisi con poche possibilità di miglioramento nel futuro. Non è però detto che siano destinate tutte a soccombere ai tagli della riforma.

L’Alma Mater Studiorum di Bologna stanzia fondi per il pagamento dei ricercatori che svolgono attività didattica e mette a disposizione di tecnici amministrativi servizi degni di ogni azienda a forma di dipendente, cioè benefici per asili nido, università per i figli, agevolazioni per i trasporti pubblici.

I ricercatori verranno pagati 1200 Euro lordi (circa 700 netti) per 60 ore di attività didattica dalla prima lezione, poco naturalmente, ma è un grande passo in avanti proprio nel periodo di massima incertezza organizzativa e finanziaria degli atenei. Questa posizione dell’Università bolognese è nata a seguito di un lungo confronto fra ricercatori e il Cda, e ne fa il primo ateneo in Italia a riconoscere il pagamento della didattica a questa figura fondamentale al sostentamento della struttura universitaria.

I rappresentanti in Consiglio d’Amministrazione dei ricercatori ammettono che la cifra è molto esile al confronto con l’impegno del ruolo didattico, ma sancisce un principio fondamentale, ovvero che non si somministrano lezioni gratuitamente all’Alma Mater.

Il percorso per la riforma di un sistema universitario come quello italiano, ricco di imperfezioni, non è affare semplice. Ci si chiede altresì, se sia un buon metodo il blocco delle assunzioni, della carenza sistematica di decreti che consentano alle Università di agire con piani riparatori ai danni causati da questa legge, e di porre in essere i miglioramenti fondamentali in essa contenuti.

Auspichiamo tutti uno sblocco rapido della situazione, nonostante i problemi internazionali siano indubbiamente gravi e richiedano profonde riflessioni, ma non devono essere scordati nemmeno i problemi interni al nostro Paese che vive un periodo di crisi economica e sociale non indifferente. I giovani sono il futuro e il loro percorso formativo deve essere assicurato e tutelato affinché possano essi contribuire alla crescita dell’Italia.

Luca Saccani

© Riproduzione Riservata
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