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Piazza Verdi: gli studenti dicono la loro

Redazione Controcampus 30 Giugno 2012
R. C.
12/12/2024

Problemi e proteste nella zona più discussa tra le mura di Bologna.

Sia che frequentiate la facoltà di Lettere e Filosofia o quella di Giurisprudenza, che stiate andando in mensa oppure alle Scuderie per un caffè, che pensiate di passare una serata al Teatro Comunale anziché nelle aule studio di Palazzo Paleotti, non ci sono molte alternative: dovete attraversare Piazza Verdi.

Noto alla cronaca per notizie tutt’altro che rassicuranti, si tratta del luogo più movimentato della zona universitaria: ogni giorno sono centinaia gli studenti dell’Alma Mater, che ha in via Zamboni le sue sedi principali, a percorrerla, alcuni si fermano a pranzare seduti sul lastricato, altri s’incontrano per un aperitivo dopo lo studio. Da qui partono anche molte delle manifestazioni e delle occupazioni che frequentemente agitano le vie di Bologna, spesso in inverno ospita un mercatino dell’usato, d’estate i tavolini dei bar si allungano pigri fino quasi a riempirla. Mai un attimo di tregua, insomma, specialmente ora che si susseguono le serate di Piazza Verdi Estate, iniziativa che accompagna la piazza e i suoi frequentatori dal 1° giugno fino al 22 settembre all’insegna del buon cibo, dei concerti, come quello di Nada che si è tenuto il 10 giugno, l’esibizione degli Stato Sociale il 13 o Brunori Sas che riempirà la piazza il 10 luglio, e della condivisione degli Europei di calcio, proiettati su mega schermo. Senza contare l’en plein di sabato 16 giugno, quando XL, all’interno de La Repubblica delle Idee, ha organizzato una maratona rock che ha visto salire sul palco, tra gli altri, Paolo Benvegnù, i Nobraino e i Tre Allegri Ragazzi Morti.

Basta alzare un poco lo sguardo, tuttavia, per rendersi conto di ciò che davvero affligge Piazza Verdi: è un attimo, e si scorgono volanti e camionette della polizia parcheggiate ogni sera nel piazzale accanto al Teatro Comunale, mentre durante il giorno i controlli si sono intensificati e c’è sempre almeno una pattuglia che presenzia. Perché Piazza Verdi è anche il ritrovo di spacciatori, di piazzisti di biciclette rubate e dei punkabbestia, che fanno dei porticati che circondano la piazza la loro dimora.

Nelle scorse settimane la situazione, già abbastanza tesa per la questione dell’adiacente via Petroni (vi rimandiamo a questo articolo  de Il Resto del Carlino per gli ultimi aggiornamenti), è letteralmente esplosa: nella notte tra il 9 e il 10 giugno alcuni ragazzi che schiamazzavano sotto i portici si sono ritrovati grondanti d’acqua, gettata da un residente che non riusciva a prendere sonno. Invece che aver gli spiriti acquietati, però, «le vittime della secchiata hanno reagito sfondando il portone del civico 4 di Piazza Verdi, che tuttavia, non avendo finestre che danno sulla piazza, non c’entrava nulla. Non contenti, dopo avere sfondato il portone, i ragazzi hanno sfasciato il mobiletto che contiene i contatori del gas e sono saliti ai piani, rovesciando i vasi di fiori lungo le scale» (fonte), ma sono riusciti a fuggire prima dell’intervento dei carabinieri, cosicché la Procura si è limitata ad aprire un fascicolo contro ignoti. Nella notte tra il 23 e il 24 giugno, invece, due ragazzi si sono visti appioppare dai carabinieri che pattugliano la piazza una multa da 400 euro a testa per disturbo della quiete pubblica (fonte).

Le polemiche serpeggiano non solo tra i residenti, che ormai da anni combattono contro il rumore e il disagio notturni della zona, ma raggiungono il cuore dell’Amministrazione comunale: se il sindaco Virginio Merola continua a sostenere che «quella programmazione [i concerti rock all’aperto che si stanno tenendo in queste settimane] serve a vitalizzare e bonificare dal degrado la zona», l’assessore alla cultura Alberto Ronchi definisce tromboni i residenti che protestano, mentre il segretario provinciale del PD Raffaele Donini fa intuire, neanche troppo velatamente, che l’unica soluzione per gestire la situazione non è certo indossare il guanto di velluto: «In Piazza Verdi serve la giusta repressione […] Non sta a noi decidere se bisogna suonare rock o blues, ma abbiamo incoraggiato il dialogo con i cittadini e il sindaco si sta muovendo nel modo giusto» (fonte).

Noi, invece, abbiamo scelto di aprire una discussione con gli universitari che, volenti o nolenti, si trovano gran parte della settimana a dover fare i conti con la caotica realtà di Piazza Verdi [da qui in poi per brevità PV].

C’è chi è costretto a passarci, come A.P., studente di Lettere, perché la piazza «è al centro del triangolo ideale tra università, centro e casa mia», e chi è un outsider e ormai non la frequenta più se non per svago, come D.T., novello dottore in Informatica, per cui PV è sempre un centro, ma stavolta è quello «nevralgico della vita notturna bolognese di quell’area, è il punto centrale dell’incrocio tra i cicchettari di via Petroni, i pub più sofisticati di via Zamboni e quelli più alla mano di Largo Respighi». M.F., studentessa di Lingue, spiega: «All’inizio dell’anno scorso, quando mi ero appena trasferita a Bologna, era il punto d’incontro preferito: tutti conoscono PV. Adesso mi capita raramente di passarci del tempo con gli amici, se non per gli ultimi eventi musicali che si sono tenuti». F.B. racconta un altro tipo di incontro con la piazza: «La mia facoltà [Ingegneria] è fuori dalle mura, quindi per me questo posto assume un sapore totalmente diverso: io trovo PV nel momento in cui ho del tempo libero. Quando la vedo so che non sono a lavorare, non sto andando a un convegno o ad un incontro di gruppo per un laboratorio, so che sono lì semplicemente perché voglio stare lì. È un incontro che non avviene spesso, quindi forse riesco ad apprezzare PV più di chi ci sta tutti i giorni e finisce con il dimenticarsi del luogo in cui sta passando».

La piazza, come abbiamo ricordato, è tristemente nota per il pubblico che accoglie e che la frequenta, con il quale spesso scatta il malinteso verbale e fisico. Continua F.B.: «Devo dire che di mattina si ha un’immagine completamente diversa di PV, tanto che per la prima volta sono riuscito a vederne il pavimento. Purtroppo è frequentata ormai solo da persone che non danno importanza al tempo che vi trascorrono. Quando incontri una piazza, ci passi e la osservi il tempo necessario per apprezzarne i particolari e viverla per quel poco, non ti ci siedi tutti i giorni per 365 giorni all’anno, finendo con il non vederla realmente. Se abusi troppo di qualcosa ne perdi la piccola magia: PV per me è magica perché ci passo poco tempo e in quel tempo la vivo, chi si siede si è stancato di cercarne i particolari: si è arreso e non la sta rispettando». Rincara A.P.: «L’atmosfera è sempre tesa e squallida. All’ingresso di via Petroni e sotto il teatro comunale la situazione è demoralizzante, con persone sdraiate a litigare o urlare, accompagnati da cani malnutriti e spesso picchiati, anche sotto i miei occhi».

Però i personaggi che si muovono per PV non sono per forza solamente negativi: ci sono tanti studenti italiani ed Erasmus che la animano appena il sole comincia ad essere un po’ più clemente, e, come sottolinea D.T., «trasmettono una sensazione di vita e movimento, di divertimento e socialità low cost, nel senso più positivo del termine: passare una bella serata spendendo poco. Sicuramente vedere un tot di sbandati sotto il teatro con quei poveri cani tenuti così non fa piacere, anzi sono la parte peggiore della zona». M.F. chiarisce che «i disturbatori li trovi ovunque, anche in via Cartoleria. Certo è che la stragrande maggioranza di persone un po’ moleste e trasandate si raggruppa proprio sotto i portici del Teatro Comunale, dando rilievo a quel problema di degrado che tanto infastidisce i bolognesi».

Sul problema del teatro si esprime ancora F.B.: «Mi rattrista la sensazione che accanto [alla piazza] si trovi qualcosa di bellissimo come il Teatro Comunale, che ho avuto la fortuna di ammirare dall’interno in qualche occasione e in cui viene proposta arte di un certo livello, quando ormai all’esterno è diventato il ritrovo di quelli che un posto non ce l’hanno e che lo scelgono solamente per sdraiarsi all’ombra e lasciare trascorrere il tempo, e mi rattrista vedere che non viene rispettato chi ha scelto di fare dell’arte il proprio mestiere e fa del teatro il proprio luogo di espressione. Non ci si fermerà mai nessuno per leggersi un libro, per godersi quello scorcio della piazza: quando uno si trova lì, deve rimanere guardingo. Certo, non è detto che debba succedere per forza qualcosa, ma c’è quella sensazione d’allarme per cui una persona non si rilassa. È un piccolo luogo che perde il fascino che potrebbe avere solo perché viene trattato male».

Gli eventi spiacevoli succedono, anche se (fortunatamente) non sono ancora all’ordine del giorno: «Proprio in PV mi hanno rubato il cellulare, e quando ho chiesto informazioni per trovarlo mi hanno risposto io spaccio hascisc, mica rubo» ricorda A.P., mentre D.T. aggiunge, un poco più pacato, che «qualche volta è successo che qualche testa calda ubriaca abbia cercato grane con persone con cui mi trovavo, ma si è risolto tutto con un po’ di diplomazia e scuse inutili, se non con la forza del gruppo». F.B. ci racconta: «Ho visto uno sconosciuto picchiare un mio amico perché aveva denunciato ad alta voce il tentativo di furto del portafoglio ad un terzo, e la polizia non intervenire. Quindi è inutile mettere 40 camionette se poi capita proprio ciò che non dovrebbe succedere perché il mio amico sta facendo il lavoro che dovresti fare tu, ossia essere vigile».

E amplia il discorso, ricordando anche l’intervento di riqualifica urbanistica della piazza avvenuto quest’inverno: «Altri scarsi risultati, che partivano però da un ottimo presupposto, sono derivati dal fatto di aver ristrutturato solo fisicamente PV: passavo e dentro di me dicevofinalmente la stanno valorizzando”, perché credevo che ciò significasse una riqualifica mirata, perché poi si creasse la possibilità da parte delle autorità di dire a chiunque “PV non si tratta così: l’investimento dei soldi porta persone responsabili a proteggerla”. Invece non è successo: durante il  periodo invernale tutto era sospeso perché le persone fisicamente non potevano entrare in piazza, ma non si era creato quel rispetto che provi per le cose che non tocchi perché sai che non le devi toccare ma potresti, ma quelle che non tocchi perché ti impediscono di toccarle. Si tratta di una limitazione che qualcun altro ti dà, non è la conseguenza di una riflessione, non è la consapevolezza del rispetto di qualcosa, semplicemente qualcuno ti ha impedito di farlo. Se sosteniamo che il problema di PV sono le persone, non è ristrutturandola che si risolve la loro mentalità».

Il periodo  in cui è stato rigenerato l’assetto fisico della piazza ha comportato semplicemente uno spostamento altrettanto fisico delle persone che la animavano, che sono scivolate quasi per inerzia nell’adiacente via Petroni. Ciò su cui bisognerebbe agire è un qualcosa di molto più profondo del semplice mantenimento dell’ordine apparente, ma costa tempo, fatica, fiducia, da entrambe le parti. Elementi positivi e propositivi che non sono in grado di trasmettere le forze dell’ordine schierate in PV, riguardo alle quali gli studenti convengono sull’inutilità, o perlomeno sull’inadeguatezza, della loro gestione attuale, ed è lapidario al riguardo D.T.: «Devastante. E noi li paghiamo per fare cosa? O tieni ordine e contemporaneamente dai libertà alla gente che non fa reati di stare bene, oppure stai mangiando soldi per nulla». «Il dispiegamento rimane appostato nel punto più tranquillo, non l’ho visto mai coinvolto a migliorare la situazione. Sarebbero molto più utili degli agente in borghese in giro per la zona» suggerisce A.P. (che ti abbiano già ascoltato, A.? Questo l’articolo comparso in mattinata su La Repubblica). M. F. si sente invece tranquilla: «È una sicurezza in più, anche nella piazza centrale di Catania (Piazza Teatro Massimo) ci si trova sempre almeno una camionetta dei carabinieri, e così penso in ogni grande città. Non solo per tutelare i cittadini dagli elementi considerati “pericolosi” (punkabbestia, ubriaconi, etc), ma di modo che, nel caso ci sia qualche situazione poco piacevole (risse e altro), ci possa essere una più fulminea reazione delle autorità».

Ma esiste un modo per valorizzarla davvero, per salvarla insomma, questa piazza-cuore di Bologna? A.P. sostiene di non credere «nella repressione ma nella valorizzazione, e lo si potrà fare solamente nobilitando PV con iniziative culturali e riqualificando il luogo con sale studio sorvegliate e biblioteche. È ora di finirla con il buonismo politically correct che ha reso l’università più antica al mondo una cloaca». A D.T. invece piace la linea attuale, ma bisogna arricchirla con «serate tematiche, non solo concerti di un certo genere: serata jazz, serata balera, serata pop, serata dibattito. E via anche il ristorante di pesce, ma buona l’idea delle panche coi tavoli».

La soluzione di F.B. parte invece da quello che lui definisce sottobosco, ovvero dal basso: «Io nel mio piccolo rispetto PV, e faccio quello che posso per renderla un posto che mi faccia sorridere la sera quando esco. Se io volessi rendermi cittadino attivo, comunicherei con chi una posizione la può prendere, e sicuramente proporrei di attuare delle iniziative costruttive che implichino l’ordine, come è successo per la Repubblica delle Idee: portare delle persone rispettabili, che quindi potrebbero essere rispettate di conseguenza, in un certo posto a dialogare crea una condizione per cui, apprezzando il momento, viene rivalutato anche il luogo in cui questa situazione avviene. Io non butterei mai una bottiglia per terra a un concerto, soprattutto in PV, perché sarei felice di vederne altri qui ogni giorno. Devo quindi rispettare questo posto per far sì che le persone che vi investono possano dire sì, ne vale la pena, organizzare un evento che riesca senza disordini, senza che le persone rovinino la piazza, senza l’inconveniente della musica che sforando di un quarto d’ora porti la gente a buttarti dell’acqua in testa, scatenando reazioni inappropriate”. Ecco, quando le persone sono al limite invece queste cose succedono, e per non arrivare al limite ci vuole il rispetto, che a sua volta genera flessibilità. La violenza però deve rimanere l’ultima spiaggia, se si è costretti a ricorrervi è perché prima si sono fatti tanti errori dal punto di vista dei valori, della morale ecc.».

Lascio la conclusione sempre a F.B.: «Volendo, su PV potevamo spendere solo belle parole, ma siamo passati attraverso il grosso problema di chi oggi ha perso e continua a perdere la fiducia in tutto, e si ritrova con l’essere abbandonata a se stessa, senza nulla a cui aggrapparsi, men che meno al senso del dovere, alla voglia di fare e risolvere. Ma allora la società si blocca, è tutto finito, quasi non ha più senso investire tanto anche di se stessi. Tutto questo mi lascia un amaro infinito in bocca, ma non ho la lungimiranza per dire cosa succederà o cosa si potrebbe fare per risolverlo, anche perché parliamo di persone che spesso e volentieri non sono aperte al dialogo. È un parametro della responsabilità e della maturità il fatto di lasciare libera una persona di scegliere, decidere e fare. Paradossalmente, non ti deve essere preclusa la possibilità di adagiarti, ma, ovviamente, nemmeno impedita quella di provare a far qualcosa».


 

 

© Riproduzione Riservata
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Sempre più verso il soddisfacimento dei bisogni dei nostri lettori che contribuiscono con i loro feedback a rendere Controcampus un progetto sempre più attento alle esigenze di chi ogni giorno e per vari motivi vive il mondo universitario. La Storia Controcampus è un periodico d’informazione universitaria, tra i primi per diffusione. Ha la sua sede principale a Salerno e molte altri sedi presso i principali atenei italiani. Una rivista con la denominazione Controcampus, fondata dal ventitreenne Mario Di Stasi nel 2001, fu pubblicata per la prima volta nel Ottobre 2001 con un numero 0. Il giornale nei primi anni di attività non riuscì a mantenere una costanza di pubblicazione. Nel 2002, raggiunta una minima possibilità economica, venne registrato al Tribunale di Salerno. Nel Settembre del 2004 ne seguì la registrazione ed integrazione della testata www.controcampus.it. Dalle origini al 2004 Controcampus nacque nel Settembre del 2001 quando Mario Di Stasi, allora studente della facoltà di giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno, decise di fondare una rivista che offrisse la possibilità a tutti coloro che vivevano il campus campano di poter raccontare la loro vita universitaria, e ad altrettanta popolazione universitaria di conoscere notizie che li riguardassero. Il primo numero venne diffuso all’interno della sola Università di Salerno, nei corridoi, nelle aule e nei dipartimenti. Per il lancio vennero scelti i tre giorni nei quali si tenevano le elezioni universitarie per il rinnovo degli organi di rappresentanza studentesca. In quei giorni il fermento e la partecipazione alla vita universitaria era enorme, e l’idea fu proprio quella di arrivare ad un numero elevatissimo di persone. Controcampus riuscì a terminare le copie date in stampa nel giro di pochissime ore. Era un mensile. La foliazione era di 6 pagine, in due colori, stampate in 5.000 copie e ristampa di altre 5.000 copie (primo numero). Come sede del giornale fu scelto un luogo strategico, un posto che potesse essere d’aiuto a cercare fonti quanto più attendibili e giovani interessati alla scrittura ed all’ informazione universitaria. La prima redazione aveva sede presso il corridoio della facoltà di giurisprudenza, in un locale adibito in precedenza a magazzino ed allora in disuso. La redazione era quindi raccolta in un unico ambiente ed era composta da un gruppo di ragazzi, di studenti (oltre al direttore) interessati all’idea di avere uno spazio e la possibilità di informare ed essere informati. Le principali figure erano, oltre a Mario Di Stasi: Giovanni Acconciagioco, studente della facoltà di scienze della comunicazione Mario Ferrazzano, studente della facoltà di Lettere e Filosofia Il giornale veniva fatto stampare da una tipografia esterna nei pressi della stessa università di Salerno. Nei giorni successivi alla prima distribuzione, molte furono le persone che si avvicinarono al nuovo progetto universitario, chi per cercarne una copia, chi per poter partecipare attivamente. Stava per nascere un nuovo fenomeno mai conosciuto prima, Controcampus, “il periodico d’informazione universitaria”. “L’università gratis, quello che si può dire e quello che altrimenti non si sarebbe detto”, erano questi i primi slogan con cui si presentava il periodico, quasi a farne intendere e precisare la sua intenzione di università libera e senza privilegi, informazione a 360° senza censure. Il giornale, nei primi numeri, era composto da una copertina che raccoglieva le immagini (foto) più rappresentative del mese, un sommario e, a seguire, Campus Voci, la pagina del direttore. La quarta pagina ospitava l’intervista al corpo docente e o amministrativo (il primo numero aveva l’intervista al rettore uscente G. Donsi e al rettore in carica R. Pasquino). Nelle pagine successive era possibile leggere la cronaca universitaria. A seguire uno spazio dedicato all’arte (poesia e fumettistica). I caratteri erano stampati in corpo 10. Nel Marzo del 2002 avvenne un primo essenziale cambiamento: venne creato un vero e proprio staff di lavoro, il direttore si affianca a nuove figure: un caporedattore (Donatella Masiello) una segreteria di redazione (Enrico Stolfi), redattori fissi (Antonella Pacella, Mario Bove). Il periodico cambia l’impaginato e acquista il suo colore editoriale che lo accompagnerà per tutto il percorso: il blu. Viene creata una nuova testata che vede la dicitura Controcampus per esteso e per riflesso (specchiato), a voler significare che l’informazione che appare è quella che si riflette, quello che, se non fatto sapere da Controcampus, mai si sarebbe saputo (effetto specchiato della testata). La rivista viene stampa in una tipografia diversa dalla precedente, la redazione non aveva una tipografia propria, ma veniva impaginata (un nuovo e più accattivante impaginato) da grafici interni alla redazione. Aumentarono le pagine (24 pagine poi 28 poi 32) e alcune di queste per la prima volta vengono dedicate alla pubblicità. Viene aperta una nuova sede, questa volta di due stanze. Nel Maggio 2002 la tiratura cominciò a salire, fu l’anno in cui Mario Di Stasi ed il suo staff decisero di portare il giornale in edicola ad un prezzo simbolico di € 0,50. Il periodico era cosi diventato la voce ufficiale del campus salernitano, i temi erano sempre più scottanti e di attualità. Numero dopo numero l’obbiettivo era diventato non più e soltanto quello di informare della cronaca universitaria, ma anche quello di rompere tabù. Nel puntuale editoriale del direttore si poteva ascoltare la denuncia, la critica, la voce di migliaia di giovani, in un periodo storico che cominciava a portare allo scoperto i risultati di una cattiva gestione politica e amministrativa del Paese e mostrava i primi segni di una poi calzante crisi economica, sociale ed ideologica, dove i giovani venivano sempre più messi da parte. Disabilità, corruzione, baronato, droga, sessualità: sono questi alcuni dei temi che il periodico affronta. Nel 2003 il comune di Salerno viene colto da un improvviso “terremoto” politico a causa della questione sul registro delle unioni civili, “terremoto” che addirittura provoca le dimissioni dell’assessore Piero Cardalesi, favorevole ad una battaglia di civiltà (cit. corriere). Nello stesso periodo Controcampus manda in stampa, all’insaputa dell’accaduto, un numero con all’interno un’ inchiesta sulla omosessualità intitolata “dirselo senza paura” che vede in copertina due ragazze lesbiche. Il fatto giunge subito all’attenzione del caporedattore G. Boyano del corriere del mezzogiorno. È cosi che Controcampus entra nell’attenzione dei media, prima locali e poi nazionali. Nel 2003 Mario Di Stasi avverte nell’aria segnali di cambiamento sia della società che rispetto al periodico Controcampus. Pensa allora di investire ulteriormente sul progetto, in redazione erano presenti nuove figure: Ernesto Natella, Laura Muro, Emilio C. Bertelli, Antonio Palmieri. Il periodico aumenta le pagine, (44 pagine e poi 60 pagine), è stampato interamente a colori, la testata è disegnata più piccola e posizionata al lato sinistro della prima pagina. La redazione si trasferisce in una nuova sede, presso la palazzina E.di.su del campus di Salerno, questa volta per concessione dell’allora presidente dell’E.di.su, la Professoressa Caterina Miraglia che crede in Controcampus. Nello stesso anno Controcampus per la prima volta entra nel mondo del Web e a farne da padrino è Antonio Palmieri, allora studente della facoltà di Economia, giovane brillante negli studi e nelle sue capacità web. Crea un portale su piattaforma CMS realizzato in asp. È la nascita di www.controcampus.it e l’inizio di un percorso più grande. Controcampus è conosciuto in tutti gli atenei italiani, grazie al rapporto e collaborazione che si instaura con gli uffici stampa di ogni ateneo, grazie alla distribuzione del cartaceo ed alla nuova iniziativa manageriale di aprire sedi - redazioni in tutta Italia. Nel 2004 Mario Di Stasi, Antonio Palmieri, Emilio C. Bertelli e altri redattori del periodico controcampus vengono eletti rappresentanti di facoltà. Questo non permette di sporcare l’indirizzo e linea editoriale di Controcampus, che resta libera da condizionamenti di partito, ma offre la possibilità di poter accedere a finanziamenti provenienti dalla stessa Università degli Studi di Salerno che, insieme alla pubblicità, permettono di aumentare gli investimenti del gruppo editoriale. Ciò nonostante Controcampus rispetto alla concorrenza doveva contare solamente sulle proprie forze. La forza del giornale stava nella fiducia che i lettori avevano ormai riposto nel periodico. I redattori di Controcampus diventarono 15, le redazioni nelle varie università italiane aumentavano. Tutto questo faceva si che il periodico si consolidasse, diventando punto di riferimento informativo non soltanto più dei soli studenti ma anche di docenti, personale e politici, interessati a conoscere l’informazione universitaria. Gli stessi organi dell’istruzione quali Miur e Crui intrecciavano rapporti di collaborazione con il periodico. Dal 2005 al 2009 A partire dal 2005 Controcampus e www.controcampus.it ospitano delle rubriche fisse. Le principali sono: Università, la rubrica dedicata alle notizie istituzionali Uni Nord, Uni Centro e Uni Sud, rubriche dedicate alla cronaca universitaria Cominciano inoltre a prender piede informazioni di taglio più leggero come il gossip che anche nel contesto universitario interessa. La redazione di Controcampus intuisce che il gossip può permettergli di aumentare il numero di lettori e fedeli e nasce cosi da controcampus anche una iniziativa che sarà poi riproposta ogni anno, Elogio alla Bellezza, un concorso di bellezza che vede protagonisti studenti, docenti e personale amministrativo. Dal 2006 al 2009 la rivista si consolida ma la difficoltà di mantenete una tiratura nazionale si fa sentire anche per forza della crisi economia che investe il settore della carta stampata. Dal 2009 ad oggi Nel maggio del 2009 Mario Di Stasi, nel tentativo di voler superare qualsiasi rischio di chiusura del periodico e colto dall’interesse sempre maggiore dell’informazione sul web (web 2.0 ecc), decide di portare l’intero periodico sul web, abbandonando la produzione in stampa. Nasce un nuovo portale: www.controcampus.it su piattaforma francese Spip. Questo se da un lato presenta la forza di poter interessare e raggiungere un vastissimo pubblico (le indicizzazioni lo dimostrano), dall’altro lato presenta subito delle debolezze dovute alla cattiva programmazione dello stesso portale. Nel 2012 www.controcampus.it si rinnova totalmente, Mario Di Stasi porta con se un nuovo staff: Pasqualina Scalea (Caporedattore), Dora Della Sala (Vice Caporedattore), Antonietta Amato (segreteria di Redazione) Antonio Palmieri (Responsabile dell’area Web) Lucia Picardo (Area Marketing), Rosario Santitoro ( Area Commerciale). Ci sono nuovi responsabili di area, ciascuno dei quali è a capo di una redazione nelle diverse sedi dei principali Atenei Italiani: sono nuovi giovani vogliosi di essere protagonisti in un’avventura editoriale. Aumentano e si perfezionano le competenze e le professionalità di ognuno. Questo porta Controcampus ad essere una delle voci più autorevoli nel mondo accademico. Nel 2013 www.controcampus.it si aplia, il portale d'informazione universitario, diventa un network. Una nuova edizione, non più un periodico ma un quotidiano anzi un notiziario in tempo reale. Nasce il Magazine Controcampus, nascono nuovi contenuti: scuola, università, ricerca, formazione e lavoro. Nascono ulteriori piattaforme collegate alla webzine, non solo informazione ma servizi come bacheche, appunti, ricerca lavoro e anche nuovi servizi sociali. Certo le difficoltà sono state sempre in agguato ma hanno generato all’interno della redazione la consapevolezza che esse non sono altro che delle opportunità da cogliere al volo per radicare il progetto Controcampus nel mondo dell’istruzione globale, non più solo università. Controcampus diventa sempre più grande restando come sempre gratuito. Un nuovo portale, un nuovo spazio per chiunque e a prescindere dalla propria apparenza e provenienza. Sempre più verso una gestione imprenditoriale e professionale del progetto editoriale, alla ricerca di un business libero ed indipendente che possa diventare un’opportunità di lavoro per quei giovani che oggi contribuiscono e partecipano all’attività del primo portale di informazione universitaria. Sempre più verso il soddisfacimento dei bisogni dei lettori che contribuiscono con i loro feedback a rendere Controcampus un progetto sempre più attento alle esigenze di chi ogni giorno e per vari motivi vive il mondo universitario. Leggi tutto