Il fiduciario dispone e amministra i diritti reali acquisiti per uno scopo predeterminato o nell’interesse di un beneficiario titolare di un diritto personale, cui potranno trasferirsi in piena proprietà i beni alla fine del trust.
E’ un contratto con cui un soggetto disponente (settlor) trasferisce la proprietà di uno o più beni a un soggetto fiduciario (trustee), il quale dispone e amministra i diritti reali acquisiti per uno scopo predeterminato o nell’interesse di un beneficiario titolare di un diritto personale, cui potranno trasferirsi in piena proprietà i beni alla fine del trust.
Tramite tale istituto si realizza una netta separazione dalla sfera giuridica del disponente del ”patrimonio destinato”, che passa in piena proprietà al trustee, attuando una forte tutela e garanzia del patrimonio. Esempio tipico di istituzione di un trust è quello di un genitore anziano di un figlio disabile che decide di affidare un determinato patrimonio al trustee affinchè il reddito di questi beni sia destinato al pagamento delle spese di assistenza, cura, svago e istruzione del figlio.
Data la grande elasticità del contratto esso di rivela utile in parecchi casi concreti della vita.
In Italia rappresenta ancora un istituto poco noto e poco usato, tuttavia, negli ultimi anni si è assistito ad un netto incremento della sua diffusione.
Possiamo dividere due grandi categorie: quelli di interesse familiare e quelli di interesse finanziario. Nella prima categoria rientrano quelli destinati ad assistere soggetti deboli e quelli che preordinano una successione ereditaria, che forse sono i più frequenti. Nella seconda categoria, invece, possiamo ricomprendere ipotesi eterogenee quali ad es. la garanzia di un prestito obbligazionario o gli investimenti compiuti da più soggetti.
Dalla precedente distinzione discende che le finalità del trust possono essere molteplici:
- amministrazione e protezione del patrimonio familiare da vicende imprenditoriali o familiari
- tutela dei minori e dei soggetti incapaci, in deroga alle restrizioni previste dalle disposizioni testamentarie che prevedono godimenti limitati dei beni
- tutela del patrimonio per finalità successorie, con destinazione a eredi specifici o a persone estranee alla famiglia
- investimento in piani pensionistici o fondi comuni.
La principale caratteristica dell’istituto del trust è che i beni che vincolati escono dalla disponibilità del settlor entrando nella disponibilità i un altro soggetto (il trustee), il quale li riceve per realizzare la finalità che gli è stata indicata.
Tali beni, pur essendo trasferiti al trustee, tuttavia non divengono suoi a tutti gli effetti, in altre parole non diventano di sua proprietà (ad es. in caso di morte del trustee non entrano in successione) poiché sono “segregati” ossia separati dal patrimonio del trustee in quanto finalizzati ad uno specifico scopo.
I beni facenti parte del patrimonio non possono continuare ad essere a disposizione del disponente che non può riservare a se stesso per esempio il controllo sui beni del trust in modo da precludere al trustee il pieno esercizio dei poteri dispositivi a lui spettanti in base al regolamento del trust, né può beneficiare dei relativi redditi.
L’Agenzia delle Entrate con la recente Circolare 27.12.10, n.61/E ha chiarito che non possono essere considerati validamente operanti, sotto il profilo fiscale, i trust che sono istituiti e gestiti per realizzare una mera interposizione nel possesso dei beni dei redditi. Si pensi ad esempio ai trust nei quali l’attività del trustee risulti eterodiretta dalle istruzioni vincolanti riconducibili al disponente o ai beneficiari.
Nell’ipotesi in cui emerga dall’atto istitutivo o da elementi di mero fatto che il potere di gestire e disporre dei beni permane in tutto o in parte in capo al disponente il trust deve considerarsi inesistente dal punto di vista dell’imposizione dei redditi da esso prodotti, configurandosi come struttura meramente interposta rispetto al disponente, al quale devono continuare ad essere attribuiti i redditi solo formalmente prodotti dal trust.
- Tali redditi saranno assoggettati a tassazione in capo al disponente secondo i principi generali previsti per ciascuna della categorie reddituali di appartenenza. Per completezza va detto che l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 43/E del 10 ottobre 2009 ha indicato alcune tipologie di trust da ritenere inesistenti in quanto interposte, a titolo esemplificativo se ne indicano alcune:
- che il disponente (o il beneficiario) può far cessare liberamente in ogni momento, generalmente a proprio vantaggio o anche a vantaggio di terzi;
- in cui il disponente è titolare del potere di designare in qualsiasi momento se stesso come beneficiario;
- dove il disponente (o il beneficiario) risulti, dall’atto istitutivo ovvero da altri elementi di fatto, titolare di poteri in forza dell’atto istitutivo, in conseguenza dei quali il trustee, pur dotato di poteri discrezionali nella gestione ed amministrazione del trust, non può esercitarli senza il suo consenso;
- in cui il disponente è titolare del potere di porre termine anticipatamente al trust, designando sé stesso e/o altri come beneficiari (cosiddetto “trust a termine”);
- dove è previsto che il trustee debba tener conto delle indicazioni fornite dal disponente in relazione alla gestione del patrimonio e del reddito da questo generato;
- ogni altra ipotesi in cui potere gestionale e dispositivo del trustee, così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o dei beneficiari.
Il Trust: disciplina fiscale e imposte dirette
L’istituto giuridico è stato introdotto nell’ordinamento tributario dalla legge finanziaria 296/2006, che ha modificato l’articolo 73 del titolo II, capo I del Tuir ampliando il novero dei soggetti passivi.
La prassi amministrativa e gli orientamenti dottrinali hanno analizzato le caratteristiche di ogni singolo trust giungendo ad individuare, dal punto di vista fiscale, due tipologie di trust:
- trust trasparenti, con beneficiari di reddito “individuati”, i cui redditi vengono imputati per trasparenza agli stessi beneficiari.
- trust opachi, senza beneficiari di reddito “individuati”, i cui redditi vengono direttamente attribuiti al trust medesimo.
Nella risoluzione 05.11.08, n.425/E l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la tassazione per trasparenza di un trust presuppone che il reddito sia immediatamente e originariamente riferibile ai beneficiari. La riferibilità immediata dei redditi ai beneficiari – quale presupposto della tassazione per trasparenza – esclude che vi sia discrezionalità alcuna in capo al trustee in ordine sia alla individuazione dei beneficiari sia alla eventuale imputazione del reddito ai beneficiari stessi.
Pertanto, il diritto all’assegnazione del reddito deve nascere sin dall’inizio a favore di determinati beneficiari. Quando, invece, il trustee ha il potere discrezionale di decidere l’attribuzione del reddito del trust, tale discrezionalità fa venir meno l’automatismo che è il presupposto della imputazione per trasparenza, conseguentemente quel reddito è imputato al trust e non al beneficiario.
Il trust è tassato per trasparenza, come stabilito dalla circolare 48/2007, soltanto nei casi in cui siano individuati i beneficiari del reddito. Esiste poi il cosiddetto trust misto, al contempo opaco e trasparente, tale ipotesi si verifica quando parte del reddito è accantonata a capitale e parte è attribuita ai beneficiari. I flussi di reddito del trust soggetti a tassazione sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo di imposta avendo assolto tutti gli obblighi tributari, non scontano ulteriore imposizione né in capo al trust stesso né in capo ai beneficiari.
Esempi possono essere interessi, premi, obbligazioni e titoli similari assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 12,5% o 27%, a seconda dei casi, o redditi diversi di natura finanziaria assoggettati a imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi del 12,50 per cento.
Trust offshore: l’articolo 73, comma 3, Dpr 917/1986, nell’ambito della definizione di residenza ai fini delle imposte sui redditi, prevede una specifica disposizione finalizzata a contrastare possibili fenomeni elusivi di localizzazione all’estero. I trust esteri istituiti in Paesi che non consentono un adeguato scambio di informazioni, e comunque non inclusi nella “white list” individuata con decreto ministeriale 4 settembre 1996 sono, considerati residenti in Italia qualora alternativamente:
- il disponente o il beneficiario siano fiscalmente residenti in Italia
- siano posti in essere da parte di un soggetto fiscalmente residente in Italia a favore del trust, successivamente alla sua costituzione, atti di trasferimento di diritti di proprietà su beni immobili, di costituzione o di trasferimento di diritti reali immobiliari (anche per quote), ovvero di vincoli di destinazione sugli stessi.
Tale disciplina antielusiva trova applicazione solo nel caso siano residenti in Italia i beneficiari effettivi del reddito.
Obblighi fiscali
Il trust deve:
- presentare annualmente la dichiarazione dei redditi (cfr. circolare 48/2007), anche se trasparente
- acquisire un proprio codice fiscale
- ottenere partita Iva laddove si eserciti attività commerciale.
I dettami tributari del trust prevedono obbligatoriamente la tenuta delle scritture contabili. I trust che hanno per oggetto esclusivo l’esercizio di attività commerciali devono tenere le scritture contabili previste dall’articolo 14, mentre quelli che esercitano attività commerciale in forma non esclusiva sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili ex articolo 20 dello stesso Dpr 600. In
base all’attività svolta, il trust può essere soggetto all’Irap.
Il Trust e le imposte indirette
Ai fini delle imposte indirette, occorre distinguere a seconda dell’atto.
- atto istitutivo del trust: l’atto istitutivo con il quale il disponente esprime la volontà di costituire il trust, che non contempli anche il trasferimento di beni nel trust (disposto in un momento successivo), se redatto con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, sarà assoggettato all’imposta di registro in misura fissa (€168,00) in quanto atto privo di contenuto patrimoniale.
- atto dispositivo: il conferimento di beni nel trust (o il costituito vincolo di destinazione che ne è l’effetto) va assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale sia esso disposto mediante testamento o per atto inter vivos. Ai fini della determinazione di aliquote e franchigie, che si differenziano in dipendenza del rapporto di parentela e affinità, occorre guardare al rapporto intercorrente tra il disponente e il beneficiario. Nel trust di scopo, quello, cioè, gestito per realizzare un determinato fine, senza indicazione di beneficiario finale, l’imposta sarà dovuta con l’aliquota dell’8 %, prevista per i vincoli di destinazione a favore di “altri soggetti”. La costituzione del vincolo di destinazione in un trust disposto a favore dei discendenti del settlor non è soggetto all’imposta qualora abbia ad oggetto aziende o rami di esse, quote sociali e azioni.
- atto dispositivo (imposte ipotecarie e catastali): sia l’attribuzione con effetti traslativi di beni immobili o diritti reali immobiliari al momento della costituzione del vincolo, sia il successivo trasferimento dei beni medesimi allo scioglimento del vincolo, nonché i trasferimenti eventualmente effettuati durante il vincolo, sono soggetti alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale.
- operazioni effettuate durante il trust: atti di acquisto o di vendita di beni sono soggetti ad autonoma imposizione, secondo la natura gli effetti giuridici che li caratterizzano.
Pablo Arturo Di Lorenzo