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Rapture of the Deep… Purple!!!

Redazione Controcampus 24 Dicembre 2005
R. C.
03/11/2024

Rapture of the Deep: sono tornati i padri dell’hard rock E com’era normale aspettarsi, sono tornati in grande stile Parlo dei Deep Purple e del loro nuovo, meravigliSono tornati i padri dell’hard rock E com’era normale aspettarsi, sono tornati in grande stile.

Parlo dei Deep Purple e del loro nuovo, meraviglioso album, “Rapture of the Deep”, uscito poche settimane fa, per la Edel Records, filiale Italiana del gruppo tedesco Edel Music AG.

Non è certo questa la sede più adatta per spiegare nel dettaglio chi siano i Deep Purple, sempre che ancora esista qualcuno che non ne abbia mai sentito parlare, anche solo per caso.

Basti pensare che sui molteplici cambi di formazione (i cosiddetti “Mark”), sulle acerrime quanto incomprensibili litigate tra Ian Gillan e Ritchie Blackmore, ma soprattutto sugli epici riff di chitarra o sugli interminabili assoli di batteria, sono stati scritti, nel corso degli anni, diversi libri.

Eh già, perchè, ammettiamolo pure, tutti quelli (me compreso) che hanno provato ad imbracciare una chitarra elettrica, non possono non aver suonato, almeno una volta, la successione di accordi più famosa di tutta la storia del Rock; il trascinantissimo tappeto sonoro, su cui la voce arrabbiata di Gillan raccontava dell’incendio successo al Casino di Montreux, sul lago di Ginevra, durante le session di”Machine Head”, nel freddo inverno del 1971: la leggendaria “Smoke on the Water”.

A tal proposito ci sarebbe da ricordare un aneddoto (ripreso anche in un film abbastanza recente), che si tramanda ormai da qualche decennio, secondo il quale in diversi negozi di strumenti musicali degli States è facile imbattersi in cartelli del tipo “Potete provare tutte le chitarre, ma è vietato suonare ‘Smoke on the Water’ e ‘Stairway to Heaven’!!!”(la seconda è un altro classico, stavolta però dei Led Zeppelin).

Rapture of the Deep Purple, l’unico gruppo di rock “duro” sopravvissuto alle mode

I Deep Purple sono l’unico gruppo di rock “duro”, ad essere sopravvissuto alle mode: hanno saputo interpretare la stagione del progressive dei ’60, sono stati tra i principali baluardi dell’hard rock inglese anni ’70; hanno retto l’onda d’urto del punk e, seppure dopo qualche anno di “riflessione”, sono riusciti a divenire i capi fila del fenomeno heavy metal degli anni ’80 e tra i padri ispiratori di quel rock contemporaneo, che sembra privilegiare nuovamente lo studio approfondito dello strumento (vedi ad esempio il combo multietnico dei Dream Theater).

Il miracolo della longevità di questo “marchio di fabbrica”, è forse da attribuire al fatto che quando parliamo dei Deep Purple, in realtà, non parliamo semplicemente di un importante complesso musicale, come potrebbero essere i Rolling Stones o esser stati (ahimè…) i Doors.

Qualcuno ha scritto, con piena ragione, che i Deep Purple sono un ideale, l’ideale del gruppo perfetto; un vessillo sotto il quale si continua a raccogliere una serie di strumentisti, tutti accomunati (salvo rarissime eccezioni) da un invidiabile estro musicale ed una competenza che rasenta il virtuosismo; senza “primedonne”, nè leaders, con cui si possa mai identificare il nome del gruppo, a spese degli altri componenti.

I Deep Purple hanno rappresentato, per quasi 40 anni, il simbolo di uno spirito musicale che si è saputo rinnovare, interpretato ogni volta da artisti dalla differente quanto profonda sensibilità, che hanno partecipato al “mito”, chi per più tempo (Ian Paice su tutti: l’unico “sopravvissuto” del Mark 1), chi per meno (penso allo straordinario talento di Joe Satriani), chi a più riprese (ad esempio, Ian Gillan), chi soltanto di passaggio (lo sfortunato Tommy Bolin), senza per questo riuscire ad impersonificarlo mai del tutto.

E’ infatti da questa incredibile molteplicità di animi, differenti ma concordi, che sono potuti scaturire album assolutamente imperdibili, tanto diversi nella forma, quanto analoghi nella sostanza, come “Shades of Deep Purple” (1968) o “In Rock” (1970), come “Burn” (1974) o “Perfect Strangers” (1984).
E così fino ai giorni nostri, con “Rapture of the Deep”, album che merita senz’altro maggiori attenzioni di “Bananas” (2003) o “Abandon” (1998), se non altro per uno spirito fresco e vitale, che farebbe piacere riscontrare in qualcuno almeno di quei noiosi gruppetti di adolescenti, coperti di piercing, che monopolizzano gli spazi concessi da MTV, dedicati al rock.

Senz’altro molti dei meriti dell’ottima qualità della maggior parte delle composizioni, presenti nel suddetto lavoro dell’ultima incarnazione del “mostro sacro” DP, sono da attribuire agli “ultimi arrivati” in casa Purple, ossia Steve Morse (ex Dixie Dregs), chitarrista funambolico ed appassionato pilota aeronautico, e Don Airey, tastierista di gran rilievo, già componente di bands “parallele” quali Rainbow e Whitesnake.

“Rapture of the Deep” si compone di 11 tracce (+ una traccia video, per chi acquista la special edition, in custodia di metallo), tutte originali e godibilissime.

“Money talks” apre le danze, e dalla lunga intro è già chiaro che l’intento è quello di tornare a livelli elevati: personalmente il pensiero è volato a “Perfect Strangers”, se mi si concede il paragone, soprattutto per la cadenza quadrata e massiccia, che accompagna il motivo arabeggiante, un po’ “alla Zeppelin”.

“Girls like that” è divertente quanto scorrevole; ricorda i Van Halen di “Diamond” Dave …e ditemi se, in alcune parti, Gillan non sembra fare il verso a Steven Tyler degli Aerosmith!

La title track, scelta anche come sottofondo per la breve traccia video, è senza ombra di dubbio uno dei pezzi cardine dell’intero disco: in alcuni passaggi sembra di sentire il riff di “Innuendo”; ma più che un plagio, parlerei di una semplice ispirazione.

“Kiss tomorrow goodbye”, da ascoltare a volume sostenuto, ci riporta ai tempi di “Fireball”, anche se naturalmente in tono minore: gli anni si fanno sentire e la voce di Gillan non è più da tempo purtroppo quell’ incredibile miracolo di estensione e profondità interpretativa che era (non per altro, fu scelto per dare la voce al Cristo del “Jesus Christ Superstar”…).

Un’altra pietra miliare, il capolavoro assoluto, a mio avviso, è la ballata “Clearly quite absurd”, in cui Paice rallenta fino quasi ad accarezzare le sue pelli e le tastiere di Airey ci avvolgono con il loro melanconico abbraccio; l’atmosfera creata dai cinque ci porta lontano, indietro nel tempo, quando ancora ci capitava di ascoltare un brano alla radio e di innamorarcene al primo ascolto, senza riserve.
Io, quella canzone, non riesco proprio a togliermela dalla testa!!!

© Riproduzione Riservata
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Sempre più verso il soddisfacimento dei bisogni dei nostri lettori che contribuiscono con i loro feedback a rendere Controcampus un progetto sempre più attento alle esigenze di chi ogni giorno e per vari motivi vive il mondo universitario. La Storia Controcampus è un periodico d’informazione universitaria, tra i primi per diffusione. Ha la sua sede principale a Salerno e molte altri sedi presso i principali atenei italiani. Una rivista con la denominazione Controcampus, fondata dal ventitreenne Mario Di Stasi nel 2001, fu pubblicata per la prima volta nel Ottobre 2001 con un numero 0. Il giornale nei primi anni di attività non riuscì a mantenere una costanza di pubblicazione. Nel 2002, raggiunta una minima possibilità economica, venne registrato al Tribunale di Salerno. Nel Settembre del 2004 ne seguì la registrazione ed integrazione della testata www.controcampus.it. Dalle origini al 2004 Controcampus nacque nel Settembre del 2001 quando Mario Di Stasi, allora studente della facoltà di giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno, decise di fondare una rivista che offrisse la possibilità a tutti coloro che vivevano il campus campano di poter raccontare la loro vita universitaria, e ad altrettanta popolazione universitaria di conoscere notizie che li riguardassero. Il primo numero venne diffuso all’interno della sola Università di Salerno, nei corridoi, nelle aule e nei dipartimenti. Per il lancio vennero scelti i tre giorni nei quali si tenevano le elezioni universitarie per il rinnovo degli organi di rappresentanza studentesca. In quei giorni il fermento e la partecipazione alla vita universitaria era enorme, e l’idea fu proprio quella di arrivare ad un numero elevatissimo di persone. Controcampus riuscì a terminare le copie date in stampa nel giro di pochissime ore. Era un mensile. La foliazione era di 6 pagine, in due colori, stampate in 5.000 copie e ristampa di altre 5.000 copie (primo numero). Come sede del giornale fu scelto un luogo strategico, un posto che potesse essere d’aiuto a cercare fonti quanto più attendibili e giovani interessati alla scrittura ed all’ informazione universitaria. La prima redazione aveva sede presso il corridoio della facoltà di giurisprudenza, in un locale adibito in precedenza a magazzino ed allora in disuso. La redazione era quindi raccolta in un unico ambiente ed era composta da un gruppo di ragazzi, di studenti (oltre al direttore) interessati all’idea di avere uno spazio e la possibilità di informare ed essere informati. Le principali figure erano, oltre a Mario Di Stasi: Giovanni Acconciagioco, studente della facoltà di scienze della comunicazione Mario Ferrazzano, studente della facoltà di Lettere e Filosofia Il giornale veniva fatto stampare da una tipografia esterna nei pressi della stessa università di Salerno. Nei giorni successivi alla prima distribuzione, molte furono le persone che si avvicinarono al nuovo progetto universitario, chi per cercarne una copia, chi per poter partecipare attivamente. Stava per nascere un nuovo fenomeno mai conosciuto prima, Controcampus, “il periodico d’informazione universitaria”. “L’università gratis, quello che si può dire e quello che altrimenti non si sarebbe detto”, erano questi i primi slogan con cui si presentava il periodico, quasi a farne intendere e precisare la sua intenzione di università libera e senza privilegi, informazione a 360° senza censure. Il giornale, nei primi numeri, era composto da una copertina che raccoglieva le immagini (foto) più rappresentative del mese, un sommario e, a seguire, Campus Voci, la pagina del direttore. La quarta pagina ospitava l’intervista al corpo docente e o amministrativo (il primo numero aveva l’intervista al rettore uscente G. Donsi e al rettore in carica R. Pasquino). Nelle pagine successive era possibile leggere la cronaca universitaria. A seguire uno spazio dedicato all’arte (poesia e fumettistica). I caratteri erano stampati in corpo 10. Nel Marzo del 2002 avvenne un primo essenziale cambiamento: venne creato un vero e proprio staff di lavoro, il direttore si affianca a nuove figure: un caporedattore (Donatella Masiello) una segreteria di redazione (Enrico Stolfi), redattori fissi (Antonella Pacella, Mario Bove). Il periodico cambia l’impaginato e acquista il suo colore editoriale che lo accompagnerà per tutto il percorso: il blu. Viene creata una nuova testata che vede la dicitura Controcampus per esteso e per riflesso (specchiato), a voler significare che l’informazione che appare è quella che si riflette, quello che, se non fatto sapere da Controcampus, mai si sarebbe saputo (effetto specchiato della testata). La rivista viene stampa in una tipografia diversa dalla precedente, la redazione non aveva una tipografia propria, ma veniva impaginata (un nuovo e più accattivante impaginato) da grafici interni alla redazione. Aumentarono le pagine (24 pagine poi 28 poi 32) e alcune di queste per la prima volta vengono dedicate alla pubblicità. Viene aperta una nuova sede, questa volta di due stanze. Nel Maggio 2002 la tiratura cominciò a salire, fu l’anno in cui Mario Di Stasi ed il suo staff decisero di portare il giornale in edicola ad un prezzo simbolico di € 0,50. Il periodico era cosi diventato la voce ufficiale del campus salernitano, i temi erano sempre più scottanti e di attualità. Numero dopo numero l’obbiettivo era diventato non più e soltanto quello di informare della cronaca universitaria, ma anche quello di rompere tabù. Nel puntuale editoriale del direttore si poteva ascoltare la denuncia, la critica, la voce di migliaia di giovani, in un periodo storico che cominciava a portare allo scoperto i risultati di una cattiva gestione politica e amministrativa del Paese e mostrava i primi segni di una poi calzante crisi economica, sociale ed ideologica, dove i giovani venivano sempre più messi da parte. Disabilità, corruzione, baronato, droga, sessualità: sono questi alcuni dei temi che il periodico affronta. Nel 2003 il comune di Salerno viene colto da un improvviso “terremoto” politico a causa della questione sul registro delle unioni civili, “terremoto” che addirittura provoca le dimissioni dell’assessore Piero Cardalesi, favorevole ad una battaglia di civiltà (cit. corriere). Nello stesso periodo Controcampus manda in stampa, all’insaputa dell’accaduto, un numero con all’interno un’ inchiesta sulla omosessualità intitolata “dirselo senza paura” che vede in copertina due ragazze lesbiche. Il fatto giunge subito all’attenzione del caporedattore G. Boyano del corriere del mezzogiorno. È cosi che Controcampus entra nell’attenzione dei media, prima locali e poi nazionali. Nel 2003 Mario Di Stasi avverte nell’aria segnali di cambiamento sia della società che rispetto al periodico Controcampus. Pensa allora di investire ulteriormente sul progetto, in redazione erano presenti nuove figure: Ernesto Natella, Laura Muro, Emilio C. Bertelli, Antonio Palmieri. Il periodico aumenta le pagine, (44 pagine e poi 60 pagine), è stampato interamente a colori, la testata è disegnata più piccola e posizionata al lato sinistro della prima pagina. La redazione si trasferisce in una nuova sede, presso la palazzina E.di.su del campus di Salerno, questa volta per concessione dell’allora presidente dell’E.di.su, la Professoressa Caterina Miraglia che crede in Controcampus. Nello stesso anno Controcampus per la prima volta entra nel mondo del Web e a farne da padrino è Antonio Palmieri, allora studente della facoltà di Economia, giovane brillante negli studi e nelle sue capacità web. Crea un portale su piattaforma CMS realizzato in asp. È la nascita di www.controcampus.it e l’inizio di un percorso più grande. Controcampus è conosciuto in tutti gli atenei italiani, grazie al rapporto e collaborazione che si instaura con gli uffici stampa di ogni ateneo, grazie alla distribuzione del cartaceo ed alla nuova iniziativa manageriale di aprire sedi - redazioni in tutta Italia. Nel 2004 Mario Di Stasi, Antonio Palmieri, Emilio C. Bertelli e altri redattori del periodico controcampus vengono eletti rappresentanti di facoltà. Questo non permette di sporcare l’indirizzo e linea editoriale di Controcampus, che resta libera da condizionamenti di partito, ma offre la possibilità di poter accedere a finanziamenti provenienti dalla stessa Università degli Studi di Salerno che, insieme alla pubblicità, permettono di aumentare gli investimenti del gruppo editoriale. Ciò nonostante Controcampus rispetto alla concorrenza doveva contare solamente sulle proprie forze. La forza del giornale stava nella fiducia che i lettori avevano ormai riposto nel periodico. I redattori di Controcampus diventarono 15, le redazioni nelle varie università italiane aumentavano. Tutto questo faceva si che il periodico si consolidasse, diventando punto di riferimento informativo non soltanto più dei soli studenti ma anche di docenti, personale e politici, interessati a conoscere l’informazione universitaria. Gli stessi organi dell’istruzione quali Miur e Crui intrecciavano rapporti di collaborazione con il periodico. Dal 2005 al 2009 A partire dal 2005 Controcampus e www.controcampus.it ospitano delle rubriche fisse. Le principali sono: Università, la rubrica dedicata alle notizie istituzionali Uni Nord, Uni Centro e Uni Sud, rubriche dedicate alla cronaca universitaria Cominciano inoltre a prender piede informazioni di taglio più leggero come il gossip che anche nel contesto universitario interessa. La redazione di Controcampus intuisce che il gossip può permettergli di aumentare il numero di lettori e fedeli e nasce cosi da controcampus anche una iniziativa che sarà poi riproposta ogni anno, Elogio alla Bellezza, un concorso di bellezza che vede protagonisti studenti, docenti e personale amministrativo. Dal 2006 al 2009 la rivista si consolida ma la difficoltà di mantenete una tiratura nazionale si fa sentire anche per forza della crisi economia che investe il settore della carta stampata. Dal 2009 ad oggi Nel maggio del 2009 Mario Di Stasi, nel tentativo di voler superare qualsiasi rischio di chiusura del periodico e colto dall’interesse sempre maggiore dell’informazione sul web (web 2.0 ecc), decide di portare l’intero periodico sul web, abbandonando la produzione in stampa. Nasce un nuovo portale: www.controcampus.it su piattaforma francese Spip. Questo se da un lato presenta la forza di poter interessare e raggiungere un vastissimo pubblico (le indicizzazioni lo dimostrano), dall’altro lato presenta subito delle debolezze dovute alla cattiva programmazione dello stesso portale. Nel 2012 www.controcampus.it si rinnova totalmente, Mario Di Stasi porta con se un nuovo staff: Pasqualina Scalea (Caporedattore), Dora Della Sala (Vice Caporedattore), Antonietta Amato (segreteria di Redazione) Antonio Palmieri (Responsabile dell’area Web) Lucia Picardo (Area Marketing), Rosario Santitoro ( Area Commerciale). Ci sono nuovi responsabili di area, ciascuno dei quali è a capo di una redazione nelle diverse sedi dei principali Atenei Italiani: sono nuovi giovani vogliosi di essere protagonisti in un’avventura editoriale. Aumentano e si perfezionano le competenze e le professionalità di ognuno. Questo porta Controcampus ad essere una delle voci più autorevoli nel mondo accademico. Nel 2013 www.controcampus.it si aplia, il portale d'informazione universitario, diventa un network. Una nuova edizione, non più un periodico ma un quotidiano anzi un notiziario in tempo reale. Nasce il Magazine Controcampus, nascono nuovi contenuti: scuola, università, ricerca, formazione e lavoro. Nascono ulteriori piattaforme collegate alla webzine, non solo informazione ma servizi come bacheche, appunti, ricerca lavoro e anche nuovi servizi sociali. 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