La reclusione forzata e la didattica a distanza hanno conseguenze su ragazzi e ragazze che incidono sulla sfera emotiva e psicologica. Il Coronavirus sta creando disagi psicologici che potrebbero compromettere n parte il futuro dei più giovani. Non soltanto l’istruzione è messa a rischio, ma anche il benessere psicofisico sta subendo gli effetti collaterali della diffusione della pandemia. Molto spesso i dibattiti si concentrano sulle carenze che la DAD comporta, sul piano pratico. Si conteggiano le ore di lezione, il numero delle presenze degli studenti e lo svolgimento dei programmi. Ma quanti si preoccupano della salute mentale dei ragazzi con il Covid? Quanti delle conseguenze psicologiche della didattica a distanza sugli studenti?
La DAD ha alimentato molti dibattiti: problematiche di connessione, idonea strumentazione tecnologica e mancanza di interazione rappresentano i nodi principali. Aspetti differenti tra loro ma che contribuiscono nell’insieme a generare il disagio delle figure coinvolte in questa pratica educativa da remoto. E così i più giovani hanno dovuto fare presto i conti con stress, ansia, solitudine e depressione: malumori e disagi della psiche che hanno messo a rischio il loro equilibrio psicologico.
Al fine di comprenderne meglio le conseguenze psicologiche degli studenti abbiamo coinvolto nella nostra disamina il sociologo e psichiatra Paolo Crepet.
Un parere professionale utile a mettere in luce elementi d’analisi di tale fenomeno trascurati o del tutto ignorati. Dunque pro e soprattutto contro della didattica a distanza, effetti negativi di natura psicologica e come migliorare la suddetta alternativa di carattere formativo. Oggetti di focus essenziali per esplorare a 360 gradi l’istruzione online.
Effetti negativi didattica a distanza: conseguenze psicologiche degli studenti, Paolo Crepet
Iniziamo da quelli che sono gli effetti negativi della didattica a distanza e le conseguenze psicologiche sugli studenti che soffrono il lockdown, e la reclusione dovuta al Covid. I più giovani, insieme ai docenti stanno manifestando sempre più un disagio ed una difficoltà evidente nell’adeguarsi alla pratica da remoto. Mancanza di interazione, di concentrazione e feedback sono i segnali principali di qualcosa che non va. Tutto ciò si ripercuote sull’umore di coloro che sono coinvolti in tale forma alternativa di lezione virtuale che non genera gli stessi frutti della sua controparte in presenza. Vediamo però cosa ne pensa in merito il sociologo e psichiatra Paolo Crepet.
“Gli effetti negativi sul piano psicologico dal punto di vista scientifico, nel senso di risultati che possono emergere da una ricerca, non ci sono. Ci sono effetti organici che si manifestano nell’immediato. Poi vi sono quelli di natura psicologica che si evidenziano invece nel lungo periodo. Questi ultimi sono segnali invisibili, che non si percepiscono fin da subito. Teniamo in considerazione il fatto che si tratta ormai quasi di un anno, dieci mesi nello specifico, che i ragazzi non vanno a scuola causa pandemia. Una problematica che ha riguardato elementari, medie ed asili, per cui si può parlare non di una breve esperienza negativa, ma di un’esperienza negativa cronica. Condizione che corre il rischio di prolungarsi ulteriormente qualora a gennaio con la riapertura degli istituti scolastici dovesse ripresentarsi un eventuale caso di positività. Ci auguriamo ovviamente che ciò non accada”.
Stress, ansia, solitudine: conseguenze della scuola chiusa
Spostiamo ora l’attenzione su quelli che sono alcuni dei sintomi della sofferenza degli studenti: stress, ansia, solitudine e depressione, conseguenze sulla psiche della scuola chiusa. Gli aspetti psicologici della didattica a distanza incidono negativamente sulla salute mentale dei giovani. La causa principale va rintracciata nell’assenza di interazione e confronto che il contesto formativo ed educativo consente. Una caratteristica di certo non presente nelle video lezioni da remoto, dove la tecnologia la fa da padrone. Una freddezza e distacco che ciascun individuo vive in maniera soggettiva e che sviluppa nella psiche effetti ogni volta diversi. Seguiamo a tal proposito l’opinione del sociologo Crepet:
“La chiusura delle scuole si può considerare un lunghissimo ed inaudito evento mai registrato prima. Nemmeno in tempo di guerra si verificava una situazione simile se non in caso di bombardamenti. Per tanto le ripercussioni di tutto questo non saranno omogenee e di conseguenza ci sarà un’incidenza differente da caso a caso. Penso ad esempio alla tecnologia per la didattica a distanza, che non è accessibile ovunque allo stesso modo e con la stessa qualità. Una condizione, questa, che porta un bambino ad annoiarsi facilmente davanti ad un pc con una connessione inadeguata. Ciò comporta un deficit di concentrazione e di attenzione inevitabile” – spiega il noto psichiatra –
Quindi prosegue – “Non è come avere matita e quaderno, che sono identici ovunque. La DAD dipende dalla strumentazione digitale che si ha a disposizione. Quindi dai device e dalla connessione, che non è la stessa in tutto il Paese. Questa è sicuramente una variabile che ha un’incidenza enorme sulla tenuta dell’attenzione. Anche perché si tratta di lezioni virtuali che durano ore, e che quindi necessitano di una concentrazione elevata. Un fattore che è molto soggettivo e varia per ciascun individuo. Da tutto questo ne consegue un disagio che è stato espresso da genitori e docenti”.
Assenza di socializzazione: conseguenze sulla generazione Covid
L’assenza di socializzazione e interazione rientrano come detto tra i fattori principali che innescano le conseguenze negative sulla generazione del Covid. Una mancanza di contatto e confronto centrali nella crescita e lo sviluppo della persona. La componente sociale sembra per tanto trovare poco spazio con l’impiego della didattica a distanza incentrata più sulla tecnologia e il distacco. Aspetti controproducenti nel lungo periodo che possono minare le basi dell’età evolutiva dei giovani. Il parere a riguardo di Paolo Crepet:
“C’è un punto fondamentale da considerare che è quello della differenza tra insegnare ed educare. Il primo è un modo di fare coercitivo, di derivazione militare. Il secondo riguarda la capacità di tirare fuori il talento da ogni individuo. L’educazione nel suo senso più pieno è qualcosa che deve avvenire tra pari, come accadeva tempo fa con la “peer education”. Un metodo di trasmissione del sapere che attualmente non esiste più perché non ha modo di svilupparsi con le lezioni virtuali. La scuola non serve solo per insegnare i congiuntivi ma anche per il progresso mentale dei ragazzi. Quest’ultimo subisce uno stop nel momento in cui non si ha interazione sociale e trasmissione di esperienze e conoscenze. Se ci si ferma per un anno con la scuola non si hanno più stimoli e ciò conduce inevitabilmente ad un fermo mentale”.
Come evitare conseguenze psicologiche della didattica a distanza
In ultimo vediamo, se possibile, come evitare le conseguenze psicologiche della didattica a distanza e quindi della scuola online. Ciò fermo restando l’importanza dell’istruzione in presenza, e delle dinamiche che coinvolgono alunni e docenti nell’ottica di uno sviluppo generazionale. Ancora una volta seguiamo le indicazioni del sociologo e psichiatra Crepet:
“Quello che oggi mi dà molto fastidio è questo approccio biologistico che si sta diffondendo secondo il quale noi non siamo più persone ma un agglomerato di cellule. Sembra che ciò che conta davvero sia solo se siamo sintomatici o meno, e si ignora totalmente tutto il resto. Ed è sbagliatissimo, perché si snobba la persona, e ciò ci riporta alla problematica della DAD ed al fermo mentale di cui parlavo. Non si tiene più in debito conto e dunque si trascura quella che è l’età evolutiva, una tappa essenziale nella vita di un individuo. Oggi non siamo più in età evolutiva, perché essa è stata fermata. Noi usciremo realmente da questa “peste” che è la pandemia se si terrà in considerazione anche il quoziente psicologico delle persone non trattandole come dei semplici numeri” – sostiene Crepet –
“Per evitare tali conseguenze psicologiche della didattica a distanza – continua – c’è un metodo solo: tornare prima possibile alla presenza. E non mi si venga a dire che bisogna rientrare in certi numeri prima di consentire di nuovo la presenza, perché il problema si poteva e doveva affrontare prima, a settembre, quando c’era modo e maniera di organizzarsi al meglio”.