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Giornata mondiale del velo islamico: origini, storia e tipi di veli

Carolina Campanile 1 Febbraio 2020
C. C.
24/04/2024

Il 1° febbraio è la Giornata del velo islamico: scopri le origini e il significato, le diverse tipologie di veli indossati e una breve storia sul velo islamico.

Leggi le testimonianze e le ribellioni delle donne musulmane alle imposizioni degli sistema islamico.

Nel 2013 la giovane americana di origini bangladesi Nasma Khan istituisce la Giornata del velo islamico, con l’obiettivo di sensibilizzare le persone sulla questione. Ormai simbolo della cultura islamica, esso viene automaticamente collegato agli atti terroristici. Questo fa sì che le donne vivano non solo una situazione di sottomissione all’uomo, ma anche una vita limitata sotto vari punti di vista. Per tale motivo alcune donne hanno deciso di ribellarsi al sistema, ed alla stessa Giornata del velo, formando un Movimento femminista che ne rivendica i diritti. Stanche di sentirsi violate e annullate come donne, hanno dato voce alle testimonianze rischiando la galera o in alcuni casi la vita.

Per questi ed altri motivi nasce anche la Giornata No Hijāb Day, simbolicamente festeggiata nello stesso giorno della prima.

Dietro questa ricorrenza vi sono donne che trovano impensabile sentirsi libere con uno hijāb, o peggio ancora con un niqab o burqa. Quale verità si nasconde dietro gli apparenti visi sorridenti che dichiarano di sentirsi perse senza i loro veli? Perché il sistema islamico costringe queste donne ad indossarli? E’ davvero una questione religiosa o si tratta di una forma dittatoriale a puro scopo personale?

Scopri le origini e il significato della Giornata mondiale del velo islamico, le differenze sulle tipologie di veli indossati e leggi la storia del velo islamico e chi è Nasma Khan.

Origini della Giornata mondiale del velo islamico: storia e significato, chi è Nasma Khan

Istituita nel 2013 dalla bangladese Nazma Khan, il 1° febbraio è la Giornata del velo islamico. Il significato e obiettivo delle origini del World Hijāb Day è sensibilizzare le persone sulla questione del velo islamico. Così Nazma Khan invita tutte le donne, musulmane e non, ad indossarlo per un giorno interno per combattere la discriminazione. Altro significato della giornata è ribadire che indossare lo ḥijāb dev’essere una libera scelta, e non un obbligo. Sebbene esistano altre tipologie di velo, il nome della Giornata mondiale del velo lascia intendere che nell’Islam vi sia solo lo ḥijāb. Tuttavia quello che è nato dalle donne per le donne, come un modo per rivendicare il loro diritto ad indossare il velo, è presto passato sotto il controllo degli uomini. Questi ultimi ne hanno approfittato per imporre la loro volontà di sottomissione delle donne, riuscendo così a capovolgere il significato della ricorrenza.

Una forte diatriba è nata inoltre proprio da alcune donne: esse affermano che le prime, indossando lo ḥijāb volontariamente, mettono in secondo piano la prepotenza esercitata sulle altre. Nasce così il #NoHijābDay, una dura risposta alla giornata mondiale del velo islamico. Se da un parte vi sono infatti donne che esibiscono fiere il proprio velo, dall’altra vi sono donne che si oppongono duramente. Pura propaganda!, si sente urlare da ogni angolo del mondo. A parlare sono le donne che hanno sperimentato sulla loro pelle la costrizione e l’umiliazione, e per questo si ribellano. Per promuovere la loro opposizione invitano tutti a condividere la foto di un foulard appeso ad un bastone: rievocano così l’immagine dell’attivista iraniana Vida Movahed che, sfidando il regime, si era tolta il velo in strada. Il #NoHijabDaby nasce quindi per dire no all’imposizione maschile, promuovendo la contro-propaganda: Le donne non sono libere nei loro ḥijāb.

I volti del ḥijāb e il significato del velo nel Corano

I volti sorridenti che promuovono lo ḥijāb come scelta in un certo senso nascondono l’altra faccia della medaglia, quella delle donne obbligate con la forza ad indossarlo. Chi caccia la forza di opporsi deve poi subire la reazione violenta delle famiglie e della società islamica. Quest’ultima può addirittura arrivare ad arrestare queste donne.

Tra le rivoluzionarie troviamo Yasmine Mohammed, cresciuta in una famiglia integralista dove il secondo marito della madre, musulmano, la picchiava e obbligava ad indossare prima lo ḥijāb e poi il niqab. «Quando lo indossi ti senti un fantasma, come se non fossi un essere umano, solo che tu cammini fra gli umani. Ma sei invisibile» – dice la blogger egiziana. Continua poi dicendo: «Scelta vuole dire che puoi decidere di mettere o togliere il velo come vuoi. Ma nulla di quel che riguarda lo ḥijāb è una scelta». Si tratta solo di una delle tante oppressioni.

Di origini antica, il velo è uno dei simboli del mondo islamico, nonché un forte simbolo di sottomissione delle donna rispetto all’uomo. Si arriva così a fraintendere il senso della Giornata mondiale del velo islamico. Essa infatti non parla dell’utilizzo dei veli che coprono totalmente la donna, i quali non sono altro che segno di radicalismo.

Inoltre nel Corano lo ḥijāb è descritto come un simbolo di devozione al Signore, e non come segno di sottomissione all’uomo. A tal proposito Leila Djitli, giornalista algerina, afferma che consentire che le donne siano coperte non è libertà religiosa, ma complicità con i carcerieri. Quella dei veli è una questione che coinvolge molti aspetti della società, perché la libertà religiosa va sì tutelata, ma non dev’essere attribuita alla velatura integrale. Perché non c’è alcuna libertà nell’essere soppresse da un manto che ti copre tutta e ti annulla, in un certo senso, come donna.

Giornata mondiale del velo islamico e tipologie di veli: differenze

Molto spesso, vedendo donne musulmane coperte in modo diverso, ci chiediamo perché lo portino e qual è la differenza. Diversi a seconda degli Stati nei quali vengono indossati, le varie tipologie di veli si differenziano per religione e cultura di ciascun Paese. Lo ḥijāb è quello più conosciuto, ed è quello che le attiviste della Giornata mondiale del velo islamico indtendono tutelare, copre solo il capo, lasciando il viso scoperto. Il chador consiste in una veste che lascia scoperti solo viso e mani, ed è indossato prevalentemente in Iran. Il khimar è invece una veste altezza ginocchio, utilizzato in Medio Oriente.

C’è infine il niqab e il burqa, contro i quali le donne si ribellano per il loro valore opprimente. Il niqab è infatti una veste che lascia scoperti solo gli occhi, mentre il burqa lascia persino gli occhi nascosti alla vista. Questi ultimi sono infatti chiaro esempio di violazione dei diritti umani, e in particolare della donna. Per questo motivo nei secoli le donne hanno iniziato sempre più a rivendicare la propria libertà morale e fisica, ribellandosi al sistema dittatoriale islamico. Molte donne decidono così di riunirsi e fondare un vero e proprio Movimento femminista. Strumento di radicalismo, jihadismo e – in un certo senso – terrorismo, dietro il burqa si nasconde forse una delle armi più potenti della Fratellanza Musulmana.

Oggi il Marocco, così come molti Stati Europei, hanno abolito l’obbligo di indossarlo. Anche se la Turchia ha abrogato il divieto, facendo ritornare l’utilizzo nelle università. In Italia non esiste nessuna legge che ne vieta esplicitamente l’utilizzo, ma una che ne circoscrive l’utilizzo per ragioni di sicurezza pubblica. Parliamo della L.152/1975 che, all’articolo 5,  sottolinea il “divieto di usare caschi protettivi o qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona in luogo pubblico o aperto al pubblico senza un giustificato motivo”.

© Riproduzione Riservata
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Carolina Campanile Diplomata in Scienze del Turismo, sono iscritta alla Facoltà di Lettere Moderne alla Federico II. La passione per la scrittura nasce sin da piccola, quando nella mia stanzetta inventavo fiabe che ancora oggi custodisco gelosamente. Appassionata di letteratura e di arte, con gli anni ho iniziato ad interessarmi anche a ciò che è successo e succede nel mondo. Sensibile ai problemi che il pianeta (e l'uomo) affronta quotidianamente, per ControCampus scrivo prettamente per la rubrica Giornate e festività. L'idea nasce dalla volontà di raccogliere tutte le ricorrenze il cui obiettivo è sensibilizzare gli animi. Gli articoli trattano vari temi, dal problema dell'inquinamento alle malattie per le quali non ancora esiste una cura specifica. In passato ho scritto per la rubrica Il Personaggio e Frasi, dove ogni tanto mi ritroverete. Leggi tutto