Ormai è chiaro: in Italia nessuno dice quello che pensa e ancor meno pensa a quello che dice.
La cosa, per quanto aberrante, se in via telefonica è ormai la norma, (alla faccia dei rischi), dal vivo non è accettabile. Come avrete potuto intuire per me, le parole sono importanti e meritano rispetto. Molti si sono dannati l’anima per esse. Pochi le hanno redente. Pochissimi le capiscono. Tantissimi continuano a svuotarle di significato.
Chi afferma sicuro: “la colpa è di Moccia” non ha capito nulla. Faccia penitenza, si pulisca il volto con il mocho Vileda e stia zitto. Qualcuno potrebbe obiettare: ma non si riescono a fermare i pedofili, gli stupratori, gli assassini cosa te ne importa della lingua?
Risposta: Tanto, molto. Senza la lingua, armadio in continuo rinnovamento, la nostra anima, il cervello e i pensieri da esso partoriti, non avrebbero voce.
Il problema è proprio questo: noi giovani non abbiamo voce. Se l’avessimo sapremmo dare un nome alle nostre disgrazie senza aspettare le provocazioni settimanali della coppia d’oro Santoro – Travaglio.
I due, nel ruolo dei fustigatori sono bravi, ma non bastano.
Arrigo Sacchi afferma da sempre che uno dei mali del calcio italiano nei confronti del resto d’Europa, è quello di non saper coniugare in maniera efficace la nostra mentalità marcatamente difensiva con quella offensiva.
In campo linguistico avviene esattamente il contrario. Purtroppo non ci sono Nesta e Cannavaro in giro nel mondo della parola. Solo vecchi tromboni che non suonano più.
Così senza una solida retroguardia le parole sono esposte ad attacchi d’ogni tipo generando una violenza di cui nessuno parla. Ne tantomeno s’accorge. Una delle parole più violentate, è la parola bene. Una volta sigillo immortale di mitici amori, oggi appendice di stiracchiate conoscenze, la parola bene ha perso per sempre il suo fascino.
La questione si complica, quando la parola bene, entra in contatto con la politica e si accoppia birbona, con comune. Badate bene: non con qualche procace segretaria dell’importante plesso sociale utile a trasformare un’accozzaglia di casupole in un punto di riferimento per tutti i cittadini ma proprio con la parola comune.
L’idea fa pensare ad una ristretta cerchia di persone sedute attorno ad un tavolo, le quali, tra un convenevole e l’altro, si preoccupano del futuro del Paese.
Poi leggo che Piero Marrazzo (un mito per mia madre), brigava da matti per andare a letto con una trans e non capisco più nulla.
A pensarci bene, la cosa non doveva sorprendermi: del resto se non s’arrazzava lui chi altro doveva arrazzarsi?
Eppure dopo una flebile risata ed un pensiero alla sua famiglia, non riesco a capire.
Provo a far chiarezza dentro di me e mi chiedo: cosa c’entra questo con il bene comune? Cosa c’entra con il bene?
La parola bene è un lemma speciale a cui per una serie di motivi da un po’ di tempo a questa parte, associo un significato particolare.
In tutta onestà, posso dire di non averla conosciuta subito. E’ una di quelle parole, cui ho dovuto abituarmi un po’ alla volta. Come il telefonino e l’email.
Molto bene e qualche amore dopo, posso dirlo con certezza: il bene è una cosa straordinaria, può trasformare le cose, renderle migliori, facendole acquisire un valore indecifrabile.
Ma la domanda è: questa società sa guardare al bene? Perdipiù comune? No, mi sembra di no. Sono nato negli anni 80. Anni difficili nei quali la società italiana già segnata in profondità da molti problemi, nella sua educazione al rispetto delle leggi è stata attraversata da un vasto processo di corruzione, in cui fini nobili e meno nobili si sono mescolati in un intreccio indissolubile; la tangente come necessario ma sempre illegale contributo alla crescita e al rafforzamento dell’economia di partito si è mescolata con la spregiudicatezza di molti, i quali, dietro artificiosi emblemi di partito hanno intascato e rubato per proprio vantaggio.
Questa dilagante illegalità di vertice che “Mani Pulite” ha avuto l’indiscusso merito di smascherare, ha lasciato proliferare l’idea che fosse lecito, rubacchiare l’invalidità civile per sopravvivere, cercare l’iscrizione alla lista dei braccianti agricoli, acquistare il posto di lavoro, comprarsi diplomi e lauree, vendersi l’anima per disporre dei contributi CEE, affermare di investire sull’agricoltura, per poi fare altro, scendere a patti con le frange più violente del tifo organizzato per poter avere lo stadio pieno e condizionare negativamente la gara degli avversari ecc ecc.
Questo deprecabile stato di cose, questa perdita del senso dello Stato e della legalità, ha reso difficile la vita ai giovani i quali vivono con profondo disagio questa fase importante della vita il quale a causa delle molte luci spente lungo il sentiero, diventa come un lungo tunnel di cui è difficile vedere la fine.
Infatti, essere giovani in Calabria è come portare avanti un rapporto con una donna: molto difficile se non ci sono solide basi. Essere un giovane in Calabria e in Italia è una sfida. Una sfida che il giovane non accetta subito. Vi è in lui di primo acchito la tentazione quasi spasmodica di fuggire dalle proprie responsabilità cercando altre vie d’uscita. Quasi sempre negative e autodistruttive.
Molti si lasciano vincere dal complesso d’inferiorità, abbandonandosi alla disperazione più cupa. Altri, reagiscono abbandonando la scuola, primaria cellula di confronto e scambio culturale. Altri ancora, gettandosi nell’alcool e nella droga. Altri, più creativi, nella contestazione a prescindere. A non dire della delinquenza minorile (in costante aumento), e altre sciccherie con cui essi tentano di rovesciare il loro malcontento e la loro sfiducia verso qualcosa (lo Stato) da cui si sentono traditi e non li riscatterà mai.
Forti di queste convinzioni essi s’isolano nel loro cantuccio privato sognando (confortati dalla cattiva informazione e da qualche demagogo), astruse separazioni e antichi egoismi. Un egoismo che distrugge qualsiasi anelito democratico.
Perché questa fuga?
Troppe delusioni nuocciono gravemente alla salute dei giovani. Una classe politica che ha trattato generazioni e generazioni di giovani come dei vuoti a perdere non poteva d’altronde, aspettarsi altro. Ma nonostante questo, noi giovani,non possiamo risolvere il problema facendoci schiacciare dalla negatività. Malgrado il buio incombente, dobbiamo avere il coraggio di accendere la luce e partire dalle nostre disgrazie, dalle nostre sfortune, per costruire la nostra fortuna e dare linfa alla nostra speranza.
Un primo antidoto a questa situazione, è sviluppare una nuova coscienza civile, che tenga conto di nuove consapevolezze pronte ad agire. Quello che è accaduto in questi ultimi tempi, ha instillato dentro di noi una specie d’impotenza, una sorta d’assuefazione al pericolo, al sopruso e alla sopraffazione e la concreta sensazione di non valere nulla.
Questo vale sia per noi ragazzi nati negli anni Ottanta, che per quelli che gli anni Ottanta li hanno visti solo di sfuggita e si devono accontentare di quel che resta.
Per uscire dal buio i giovani devono tornare a credere nelle loro potenzialità, devono acquisire una grande considerazione di se stessi e del loro valore. Devono tornare a scommettere su loro stessi e sulle loro possibilità. In modo che non sia più possibile ad una società asfissiante ipnotizzare le loro / nostre menti.
Rubare i nostri sogni e gettarli lontano. Con coraggio e senza paura dobbiamo cercare un equilibrio. Solo l’equilibrio potrà darci la misura del nostro valore. Quell’equilibrio e quella serenità di giudizio che deve scaturire dalla presenza di un’università che deve uscire dall’ambiguità del 3 + 2. Non dobbiamo avere paura dei nostri pensieri, non dobbiamo avere paura dei nostri simili. Di qualunque colore ed estrazione essi siano. Tutti hanno il diritto/ dovere di partecipare al cambiamento, di collaborare attivamente per costruire il bene comune.
Il coraggio, la determinazione di ognuno verso il raggiungimento di questo scopo sono le uniche armi disponibili per affermare concretamente il nostro valore. Per dare lustro ai sacrifici di chi è morto e di chi lotta lontano dalle luci della ribalta.
Un altro passo importante verso il raggiungimento del bene comune e quello di costruire un economia di gruppo che dia a tutti la possibilità di partecipare e contribuire alla nascita (o se preferite), la rinascita di uno spirito democratico che diventi motivo di crescita.
In passato ci siamo spesso divisi sulle strategie da adottare per raggiungere il bene comune. Su chi aveva ragione o torto. Eppure esistono tanti organismi che possono essere basi importanti da cui lanciare messaggi importanti e iniziare a costruire un fronte organico di dialogo: la Chiesa, la Stampa, la Scuola, i Sindacati e le Associazioni. Platone nella Repubblica scriveva: “ il coraggio è una specie di salvezza”. Aveva ragione. E’ ora quindi, d’essere coraggiosi e onesti ed essere chiari: queste istituzioni non sempre hanno lavorato nell’interesse del bene comune.
La chiesa si è preoccupata di decorare le pareti piuttosto che inondare le nostre anime di speranza attestandosi su posizioni discutibili e retrograde. Troppi organi d’informazione (tranne qualche lodevole eccezione), hanno declinato il dovere di documentare e promuovere il cambiamento sociale abbandonandosi altresì al sensazionalismo forzato e agli sghiribizzi degli indici d’ascolto. I sindacati invece di difendere i diritti di classi lavoratrici pericolanti, si sono appiattiti e arresi in un ambiguo atteggiamento di compromesso.
La scuola ha abdicato al suo ruolo edificante di forgiare autostima scaricando il gravoso compito su famiglie impaurite e indifese; per non parlare dello Stato che taglia i fondi per l’Istruzione facendo diventare la scuola un corridoio dove si accalcano le valigie di chi dovrà circumnavigare il globo terrestre per realizzare i propri sogni. Il che intendiamoci: è positivo perché significa che l’Italia culturalmente è ancora valida, ma fino a qual punto se non mette le proprie risorse nelle condizioni di fare?
Le sconfitte del presente, tuttavia, non devono oscurare il processo di cambiamento attuabile in futuro. Ma anzi devono servire alle Istituzioni sopraccitate, a riscoprire la loro missione educativa.
Se tutte queste Istituzioni cooperano insieme sono certo si possa cominciare un costruttivo programma di riforme utili al miglioramento delle condizioni di vita di tutti.
Dato che l’illegalità nasce dalla sfiducia e dall’assenza di speranza, i genitori nonostante le grandi difficoltà economiche in cui sono costretti ad assolvere i loro doveri, devono dare ai loro figli l’amore, l’attenzione e quel senso di appartenenza di cui una società soffocante li priva.
Per combattere l’illegalità è necessario agire subito con riforme che aiutino l’essere umano a ritrovare l’identità perduta dandogli quella stabilità che gli faccia guardare il futuro non già come una minaccia ma come a una promessa. E noi tutti dobbiamo adoperarci perché possa essere così.
Per fare questo però, occorre partire da quello che abbiamo già. Non dobbiamo aspettare le elezioni per dare i nostri contributi. Individuali o collettivi che siano. Dobbiamo provare, provare e provare. Ancora. Oggi. Sempre. Anche se le dinamiche oggi in atto fanno propendere per un disimpegno dalla vita politica.
In Calabria ci sono molti giovani i quali, si sono trovati molte porte chiuse davanti, e brucianti delusioni dentro che gli hanno fatto perdere qualsiasi stimolo. Questi ultimi, devono essere reinseriti nel meccanismo produttivo sfruttando al meglio le loro capacità. Partendo dalla capacità di tutti potremo arrivare al bene comune.
Nel prossimo futuro non dobbiamo considerare retrogrado o anacronistico parlare di giustizia, liberta, uguaglianza.
La sproporzione tra ricchi e poveri, l’indigenza dilagante, la paralisi educativa, la pochezza d’interventi volti al benessere della comunità c’impongono nuove sfide.
Sfide che dovranno essere affrontate con la consapevolezza che è necessaria una ristrutturazione dell’architettura della società italiana. Per evitare di divenire l’Africa d’Europa. Per il bene nostro e di quelli che seguiranno, bisogna costruire una nuova scala di valori. La nostra economia deve concentrarsi sul valore delle persone e non sulla logica del profitto.
Il nostro governo deve interrogarsi sulla propria moralità non lasciarsi andare allo sperpero delle risorse pubbliche. A noi giovani con la collaborazione di chi ha più esperienza di noi tocca scrivere un nuovo capitolo della nostra storia. Rifarci una reputazione in qualche caso. Troppe semplificazioni ci hanno fatto andare sul lettino dello psicanalista. E ora che chi può, getti la maschera! In fondo siamo migliori di quel che pensiamo se ci proviamo e crediamo. I seminari approntati con il prode Luca e le conferenze organizzate con tutti voi cari ragazzi, dimostrano proprio questo.
Non siamo quei giovani che si accontentano d’integrare se stessi e i propri coetanei nei precari valori della società contemporanea. Non quelli che fanno opposizione gratuita e fine a se stessa. Siamo quei dissenzienti creativi che chiameranno la nostra Patria ad un destino più alto, ad un nuovo grado di solidarietà e comprensione, ad una più alta espressione d’umanità.
Credo che siamo abbastanza forti da farlo. Abbiamo sofferto. Ci siamo sentiti abbandonati. Abbiamo imparato a nostre spese, cosa accade quando una società perde ogni contatto con le proprie radici culturali. Siamo in ’inverno. Fa freddo. L’unico modo che conosco per batterlo è darsi da fare. Tutti. Insieme. Per poter accogliere l’anno che verrà e le stagioni che seguiranno nel migliore dei modi.
Se avrete poltrito pigri sul divano per tutto il tempo non preoccupatevi: c’è un Viagra pure per voi.
La primavera. La stagione infernale e magnifica in cui sono nato io. La stagione in cui i sensi si risvegliano e si aprono al nuovo. Scoprono l’amore. Accenderci d’amore. Questo infine è il nostro compito. Noi dobbiamo invaghirci della legalità, innamorarci della giustizia. Dobbiamo essere quei giovani che cercano quotidianamente di impregnare le proprie azioni di ideali elevati e nobili. Scegliendo questa strada di cooperazione e condivisione sfideremo la classe dirigente, gli intellettuali, gli economisti ad affrontare i problemi della Calabria e del Paese in modo vasto, sereno ed equilibrato.
Questa è la sfida principale. Se cercheremo di affrontarla con la dovuta onestà ed umiltà quanti verranno dopo di noi potranno dire che è vissuto un popolo il quale nonostante tutte le ingiustizie e le privazioni vissute, con tenacia ed impegno creativo è riuscito comunque ad irrorare nuovi significati alla vita italiana.
Gaetano Santandrea
Redazione Controcampus
Controcampus è Il magazine più letto dai giovani su: Scuola, Università, Ricerca, Formazione, Lavoro.
Controcampus nasce nell’ottobre 2001 con la missione di affiancare con la notizia e l’informazione, il mondo dell’istruzione e dell’università. Il suo cuore pulsante sono i giovani, menti libere e non compromesse da nessun interesse di parte.
Il progetto è ambizioso e Controcampus cresce e si evolve arricchendo il proprio staff con nuovi giovani vogliosi di essere protagonisti in un’avventura editoriale. Aumentano e si perfezionano le competenze e le professionalità di ognuno. Questo porta Controcampus, ad essere una delle voci più autorevoli nel mondo accademico.
Il suo successo si riconosce da subito, principalmente in due fattori; i suoi ideatori, giovani e brillanti menti, capaci di percepire i bisogni dell’utenza, il riuscire ad essere dentro le notizie, di cogliere i fatti in diretta e con obiettività, di trasmetterli in tempo reale in modo sempre più semplice e capillare, grazie anche ai numerosi collaboratori in tutta Italia che si avvicinano al progetto.
Nascono nuove redazioni all’interno dei diversi atenei italiani, dei soggetti sensibili al bisogno dell’utente finale, di chi vive l’università, un’esplosione di dinamismo e professionalità capace di diventare spunto di discussioni nell’università non solo tra gli studenti, ma anche tra dottorandi, docenti e personale amministrativo.
Controcampus ha voglia di emergere. Abbattere le barriere che il cartaceo può creare. Si aprono cosi le frontiere per un nuovo e più ambizioso progetto, per nuovi investimenti che possano demolire le barriere che un giornale cartaceo può avere. Nasce Controcampus.it, primo portale di informazione universitaria e il trend degli accessi è in costante crescita, sia in assoluto che rispetto alla concorrenza (fonti Google Analytics).
I numeri sono importanti e Controcampus si conquista spazi importanti su importanti organi d’informazione: dal Corriere ad altri mass media nazionale e locali, dalla Crui alla quasi totalità degli uffici stampa universitari, con i quali si crea un ottimo rapporto di partnership.
Certo le difficoltà sono state sempre in agguato ma hanno generato all’interno della redazione la consapevolezza che esse non sono altro che delle opportunità da cogliere al volo per radicare il progetto Controcampus nel mondo dell’istruzione globale, non più solo università.
Controcampus ha un proprio obiettivo: confermarsi come la principale fonte di informazione universitaria, diventando giorno dopo giorno, notizia dopo notizia un punto di riferimento per i giovani universitari, per i dottorandi, per i ricercatori, per i docenti che costituiscono il target di riferimento del portale.
Controcampus diventa sempre più grande restando come sempre gratuito, l’università gratis. L’università a portata di click è cosi che ci piace chiamarla. Un nuovo portale, un nuovo spazio per chiunque e a prescindere dalla propria apparenza e provenienza.
Sempre più verso una gestione imprenditoriale e professionale del progetto editoriale, alla ricerca di un business libero ed indipendente che possa diventare un’opportunità di lavoro per quei giovani che oggi contribuiscono e partecipano all’attività del primo portale di informazione universitaria.
Sempre più verso il soddisfacimento dei bisogni dei nostri lettori che contribuiscono con i loro feedback a rendere Controcampus un progetto sempre più attento alle esigenze di chi ogni giorno e per vari motivi vive il mondo universitario.
La Storia
Controcampus è un periodico d’informazione universitaria, tra i primi per diffusione.
Ha la sua sede principale a Salerno e molte altri sedi presso i principali atenei italiani.
Una rivista con la denominazione Controcampus, fondata dal ventitreenne Mario Di Stasi nel 2001, fu pubblicata per la prima volta nel Ottobre 2001 con un numero 0. Il giornale nei primi anni di attività non riuscì a mantenere una costanza di pubblicazione. Nel 2002, raggiunta una minima possibilità economica, venne registrato al Tribunale di Salerno. Nel Settembre del 2004 ne seguì la registrazione ed integrazione della testata www.controcampus.it.
Dalle origini al 2004
Controcampus nacque nel Settembre del 2001 quando Mario Di Stasi, allora studente della facoltà di giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno, decise di fondare una rivista che offrisse la possibilità a tutti coloro che vivevano il campus campano di poter raccontare la loro vita universitaria, e ad altrettanta popolazione universitaria di conoscere notizie che li riguardassero.
Il primo numero venne diffuso all’interno della sola Università di Salerno, nei corridoi, nelle aule e nei dipartimenti. Per il lancio vennero scelti i tre giorni nei quali si tenevano le elezioni universitarie per il rinnovo degli organi di rappresentanza studentesca. In quei giorni il fermento e la partecipazione alla vita universitaria era enorme, e l’idea fu proprio quella di arrivare ad un numero elevatissimo di persone. Controcampus riuscì a terminare le copie date in stampa nel giro di pochissime ore.
Era un mensile. La foliazione era di 6 pagine, in due colori, stampate in 5.000 copie e ristampa di altre 5.000 copie (primo numero). Come sede del giornale fu scelto un luogo strategico, un posto che potesse essere d’aiuto a cercare fonti quanto più attendibili e giovani interessati alla scrittura ed all’ informazione universitaria. La prima redazione aveva sede presso il corridoio della facoltà di giurisprudenza, in un locale adibito in precedenza a magazzino ed allora in disuso. La redazione era quindi raccolta in un unico ambiente ed era composta da un gruppo di ragazzi, di studenti (oltre al direttore) interessati all’idea di avere uno spazio e la possibilità di informare ed essere informati. Le principali figure erano, oltre a Mario Di Stasi:
Giovanni Acconciagioco, studente della facoltà di scienze della comunicazione
Mario Ferrazzano, studente della facoltà di Lettere e Filosofia
Il giornale veniva fatto stampare da una tipografia esterna nei pressi della stessa università di Salerno.
Nei giorni successivi alla prima distribuzione, molte furono le persone che si avvicinarono al nuovo progetto universitario, chi per cercarne una copia, chi per poter partecipare attivamente. Stava per nascere un nuovo fenomeno mai conosciuto prima, Controcampus, “il periodico d’informazione universitaria”. “L’università gratis, quello che si può dire e quello che altrimenti non si sarebbe detto”, erano questi i primi slogan con cui si presentava il periodico, quasi a farne intendere e precisare la sua intenzione di università libera e senza privilegi, informazione a 360° senza censure.
Il giornale, nei primi numeri, era composto da una copertina che raccoglieva le immagini (foto) più rappresentative del mese, un sommario e, a seguire, Campus Voci, la pagina del direttore. La quarta pagina ospitava l’intervista al corpo docente e o amministrativo (il primo numero aveva l’intervista al rettore uscente G. Donsi e al rettore in carica R. Pasquino). Nelle pagine successive era possibile leggere la cronaca universitaria. A seguire uno spazio dedicato all’arte (poesia e fumettistica). I caratteri erano stampati in corpo 10.
Nel Marzo del 2002 avvenne un primo essenziale cambiamento: venne creato un vero e proprio staff di lavoro, il direttore si affianca a nuove figure: un caporedattore (Donatella Masiello) una segreteria di redazione (Enrico Stolfi), redattori fissi (Antonella Pacella, Mario Bove). Il periodico cambia l’impaginato e acquista il suo colore editoriale che lo accompagnerà per tutto il percorso: il blu. Viene creata una nuova testata che vede la dicitura Controcampus per esteso e per riflesso (specchiato), a voler significare che l’informazione che appare è quella che si riflette, quello che, se non fatto sapere da Controcampus, mai si sarebbe saputo (effetto specchiato della testata). La rivista viene stampa in una tipografia diversa dalla precedente, la redazione non aveva una tipografia propria, ma veniva impaginata (un nuovo e più accattivante impaginato) da grafici interni alla redazione. Aumentarono le pagine (24 pagine poi 28 poi 32) e alcune di queste per la prima volta vengono dedicate alla pubblicità. Viene aperta una nuova sede, questa volta di due stanze.
Nel Maggio 2002 la tiratura cominciò a salire, fu l’anno in cui Mario Di Stasi ed il suo staff decisero di portare il giornale in edicola ad un prezzo simbolico di € 0,50.
Il periodico era cosi diventato la voce ufficiale del campus salernitano, i temi erano sempre più scottanti e di attualità. Numero dopo numero l’obbiettivo era diventato non più e soltanto quello di informare della cronaca universitaria, ma anche quello di rompere tabù. Nel puntuale editoriale del direttore si poteva ascoltare la denuncia, la critica, la voce di migliaia di giovani, in un periodo storico che cominciava a portare allo scoperto i risultati di una cattiva gestione politica e amministrativa del Paese e mostrava i primi segni di una poi calzante crisi economica, sociale ed ideologica, dove i giovani venivano sempre più messi da parte. Disabilità, corruzione, baronato, droga, sessualità: sono questi alcuni dei temi che il periodico affronta.
Nel 2003 il comune di Salerno viene colto da un improvviso “terremoto” politico a causa della questione sul registro delle unioni civili, “terremoto” che addirittura provoca le dimissioni dell’assessore Piero Cardalesi, favorevole ad una battaglia di civiltà (cit. corriere). Nello stesso periodo Controcampus manda in stampa, all’insaputa dell’accaduto, un numero con all’interno un’ inchiesta sulla omosessualità intitolata “dirselo senza paura” che vede in copertina due ragazze lesbiche. Il fatto giunge subito all’attenzione del caporedattore G. Boyano del corriere del mezzogiorno. È cosi che Controcampus entra nell’attenzione dei media, prima locali e poi nazionali.
Nel 2003 Mario Di Stasi avverte nell’aria segnali di cambiamento sia della società che rispetto al periodico Controcampus. Pensa allora di investire ulteriormente sul progetto, in redazione erano presenti nuove figure: Ernesto Natella, Laura Muro, Emilio C. Bertelli, Antonio Palmieri. Il periodico aumenta le pagine, (44 pagine e poi 60 pagine), è stampato interamente a colori, la testata è disegnata più piccola e posizionata al lato sinistro della prima pagina. La redazione si trasferisce in una nuova sede, presso la palazzina E.di.su del campus di Salerno, questa volta per concessione dell’allora presidente dell’E.di.su, la Professoressa Caterina Miraglia che crede in Controcampus. Nello stesso anno Controcampus per la prima volta entra nel mondo del Web e a farne da padrino è Antonio Palmieri, allora studente della facoltà di Economia, giovane brillante negli studi e nelle sue capacità web. Crea un portale su piattaforma CMS realizzato in asp.
È la nascita di www.controcampus.it e l’inizio di un percorso più grande. Controcampus è conosciuto in tutti gli atenei italiani, grazie al rapporto e collaborazione che si instaura con gli uffici stampa di ogni ateneo, grazie alla distribuzione del cartaceo ed alla nuova iniziativa manageriale di aprire sedi - redazioni in tutta Italia.
Nel 2004 Mario Di Stasi, Antonio Palmieri, Emilio C. Bertelli e altri redattori del periodico controcampus vengono eletti rappresentanti di facoltà. Questo non permette di sporcare l’indirizzo e linea editoriale di Controcampus, che resta libera da condizionamenti di partito, ma offre la possibilità di poter accedere a finanziamenti provenienti dalla stessa Università degli Studi di Salerno che, insieme alla pubblicità, permettono di aumentare gli investimenti del gruppo editoriale. Ciò nonostante Controcampus rispetto alla concorrenza doveva contare solamente sulle proprie forze.
La forza del giornale stava nella fiducia che i lettori avevano ormai riposto nel periodico. I redattori di Controcampus diventarono 15, le redazioni nelle varie università italiane aumentavano. Tutto questo faceva si che il periodico si consolidasse, diventando punto di riferimento informativo non soltanto più dei soli studenti ma anche di docenti, personale e politici, interessati a conoscere l’informazione universitaria. Gli stessi organi dell’istruzione quali Miur e Crui intrecciavano rapporti di collaborazione con il periodico.
Dal 2005 al 2009
A partire dal 2005 Controcampus e www.controcampus.it ospitano delle rubriche fisse. Le principali sono:
Università, la rubrica dedicata alle notizie istituzionali
Uni Nord, Uni Centro e Uni Sud, rubriche dedicate alla cronaca universitaria
Cominciano inoltre a prender piede informazioni di taglio più leggero come il gossip che anche nel contesto universitario interessa. La redazione di Controcampus intuisce che il gossip può permettergli di aumentare il numero di lettori e fedeli e nasce cosi da controcampus anche una iniziativa che sarà poi riproposta ogni anno, Elogio alla Bellezza, un concorso di bellezza che vede protagonisti studenti, docenti e personale amministrativo.
Dal 2006 al 2009 la rivista si consolida ma la difficoltà di mantenete una tiratura nazionale si fa sentire anche per forza della crisi economia che investe il settore della carta stampata.
Dal 2009 ad oggi
Nel maggio del 2009 Mario Di Stasi, nel tentativo di voler superare qualsiasi rischio di chiusura del periodico e colto dall’interesse sempre maggiore dell’informazione sul web (web 2.0 ecc), decide di portare l’intero periodico sul web, abbandonando la produzione in stampa. Nasce un nuovo portale: www.controcampus.it su piattaforma francese Spip. Questo se da un lato presenta la forza di poter interessare e raggiungere un vastissimo pubblico (le indicizzazioni lo dimostrano), dall’altro lato presenta subito delle debolezze dovute alla cattiva programmazione dello stesso portale.
Nel 2012 www.controcampus.it si rinnova totalmente, Mario Di Stasi porta con se un nuovo staff: Pasqualina Scalea (Caporedattore), Dora Della Sala (Vice Caporedattore), Antonietta Amato (segreteria di Redazione) Antonio Palmieri (Responsabile dell’area Web) Lucia Picardo (Area Marketing), Rosario Santitoro ( Area Commerciale). Ci sono nuovi responsabili di area, ciascuno dei quali è a capo di una redazione nelle diverse sedi dei principali Atenei Italiani: sono nuovi giovani vogliosi di essere protagonisti in un’avventura editoriale. Aumentano e si perfezionano le competenze e le professionalità di ognuno. Questo porta Controcampus ad essere una delle voci più autorevoli nel mondo accademico.
Nel 2013 www.controcampus.it si aplia, il portale d'informazione universitario, diventa un network. Una nuova edizione, non più un periodico ma un quotidiano anzi un notiziario in tempo reale. Nasce il Magazine Controcampus, nascono nuovi contenuti: scuola, università, ricerca, formazione e lavoro. Nascono ulteriori piattaforme collegate alla webzine, non solo informazione ma servizi come bacheche, appunti, ricerca lavoro e anche nuovi servizi sociali.
Certo le difficoltà sono state sempre in agguato ma hanno generato all’interno della redazione la consapevolezza che esse non sono altro che delle opportunità da cogliere al volo per radicare il progetto Controcampus nel mondo dell’istruzione globale, non più solo università.
Controcampus diventa sempre più grande restando come sempre gratuito. Un nuovo portale, un nuovo spazio per chiunque e a prescindere dalla propria apparenza e provenienza.
Sempre più verso una gestione imprenditoriale e professionale del progetto editoriale, alla ricerca di un business libero ed indipendente che possa diventare un’opportunità di lavoro per quei giovani che oggi contribuiscono e partecipano all’attività del primo portale di informazione universitaria.
Sempre più verso il soddisfacimento dei bisogni dei lettori che contribuiscono con i loro feedback a rendere Controcampus un progetto sempre più attento alle esigenze di chi ogni giorno e per vari motivi vive il mondo universitario.
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