Ebbene sì, sono uno di quelli che maschera tradizione e accenti per nascondere le sue “origini italiche” e per questo penso di essere il meno adatto a scrivere questo editoriale.
Ma infondo che male c’è ? Io difendo apertamente il diritto di ognuno di graduare liberamente il proprio sentimento di appartenenza nazionale, ma per quanto lo si voglia graduare, per quanto si voglia cambiare lingua, costumi o tradizioni, nessuno può essere diverso da quello che è : ed io sono Italiano e, per quanto possa detestarlo, lo sarò eternamente.
Allora perché oggi dovrei festeggiare se il mio rancore verso questo Paese è così forte? Non c’è alcuna risposta a questa domanda e cercarla nei libri di storia sarebbe tempo perso. Ma io una risposta la devo trovare, altrimenti il mio scrivere quest’articolo non avrebbe alcun senso.
La risposta non è difficile. Ognuno di noi è profondamente diverso nel suo fisico, nel suo credo religioso, nel suo orientamento sessuale o nelle sue idee politiche, nella sua storia e nei suoi studi, ma l’unica cosa in cui siamo completamente uguali è la nazionalità. Allora oggi si festeggia perché celebriamo non già la nascita del Regno d’Italia, ma la nascita di un banale, ma forte minimo comune denominatore: l’identità nazionale.
Ora non volendo considerare la libertà del 10% dell’elettorato di non festeggiare perché, causa un basso livello culturale, confondono la loro appartenenza regionale con l’essere cittadini di una immaginaria Narnia autosufficiente grazie ai soldi delle mafie meridionali, quello che è assurdo è la mancata partecipazione ai festeggiamenti di membri delle istituzioni che, non condividendo quell’identità nazionale di cui sopra, si trovano ugualmente a decidere della vita di milioni e milioni di Italiani che invece in quella identità nazionale si riconoscono. L’Italia il più grande esempio di minoranza al potere.
Mentre, però, il perché festeggiamo è chiaro a tutti, meno chiaro è il motivo per cui questi festeggiamenti sono accompagnati da molta amarezza, con una bandiera in parte sventolata fuori dai palazzi ed in parte usata per asciugare le lacrime di un popolo intero ormai afflitto. Perché se ormai sono stati cacciati gli antichi invasori, oggi nuovi macigni pesano sulla libertà di questo Paese, macigni ben più grandi delle parole di un manipolo di scellerati dipinti di verde.
L’Italia è un Paese per vecchi, perché solo chi è avanti con l’età non può affliggersi con l’idea di una vita senza speranza di un futuro, la parte meno matura del Paese giace in una sorta di coma perenne. La contrapposizione tra Noi ed i giovani che hanno partorito l’Italia non è mai stata così forte, ma è giusto riconoscere le cose per quello che sono. Loro non avevano le nostre difficoltà, o perlomeno le hanno affrontate con una forza ed un rigore morale, che noi, da tempo ormai, abbiamo dimenticato appartenerci per eredità genetica.
Noi, però, possiamo poco contro questa massa indecente di politici infedeli ai principi sui quali hanno giurato, di gerarchi porporati che ci tengono incatenati ad un’illogica fede e di uomini d’onore che, anche senza lupara, non hanno smesso di stuprare la nostra terra. Noi contro questi cancri dell’Italia non possiamo abbracciare fucile e baionetta e preparaci ad une guerra senza confine, ma possiamo prendere maggiore consapevolezza delle nostre azioni. Resistenza passiva ? Forse, ma in un’Italia prossima al baratro della secessione, anche un singolo voto, una singola astensione domenicale o una singola denuncia possono essere decisivi al cambiamento, nella speranza che fra 50 anni mi ritroverò stanco ed ancora fumatore a riflettere e pensare che per questo Paese ormai il peggio è alle spalle, altrimenti i festeggiamenti saranno solo un’altra occasione per ricordarci cosa eravamo stati e cosa non siamo stati capaci di diventare e questa non sarà mai colpa degli altri, ma soltanto colpa della nostra patetitca e stereotipata debolezza verso il potere.
Auguri a Noi Italiani. Auguri Italia.
Domenico Lanzara